mercoledì 26 agosto 2009

A PROPOSITO DI AFGHANISTAN...


The New York Times assicura: potrebbe essere il Vietnam di Obama
Il Presidente Obama non aveva ancora assunto il potere, che già i suoi sostenitori stavano scolpendo la sua immagine nel Monte Rushmore come se fosse il nuovo Abraham Lincoln, o l’incarnazione di Franklin D. Roosevelt.
The New York Times assicura: potrebbe essere il Vietnam di ObamaMa se i suoi paladini si fossero confusi di precedente storico? Se il destino di Obama fosse quello di convertirsi nel nuovo Lyndon B. Johnson?
Le analogie storiche sono sempre troppo semplicistiche e fatalmente sbagliate, visto che ogni Presidente è un caso a parte. Però il modello di Johnson – un Presidente che aspirava a creare i nuovi Stati Uniti dall’interno, mentre, all’esterno, combatteva una guerra già persa – è quello che sta perseguendo la Casa Bianca di Obama, mentre cerca di salvare l’Afghanistan nel bel mezzo di un programma domestico dispendioso.
Così come il Presidente Johnson credeva di non avere altre opzioni se non lottare in Vietnam per contenere il comunismo, il Presidente Obama la scorsa settimana ha dichiarato l’Afghanistan un baluardo contro il terrorismo internazionale. “Questa non è una guerra che vogliamo – ha detto ai Veterani delle Guerre Straniere nel suo intervento a Phoenix – questa è una guerra di necessità. Quelli che hanno attaccato gli Stati Uniti l’11 settembre stanno cospirando per farlo di nuovo. Se non si controlla, l’insorgenza talebana godrà di un rifugio più grande di quello che aveva durante quel complotto di Al Qaeda”.
Tuttavia, dopo quasi 8 anni, l’appoggio del popolo statunitense per la guerra in Afghanistan è caduto drammaticamente. La settimana passata The New York Times e la CBS News hanno pubblicato un’inchiesta che mostra che l’appoggio popolare si trova adesso al di sotto del 50%.
Un simile disincanto si sta riflettendo anche a Washington, dove i liberali del Congresso si lamentano con sempre maggiore enfasi della guerra e i giornali pubblicano molte colonne che questionano la partecipazione degli Stati Uniti. L’ultimo numero di The Economist, per esempio, titola “Afghanistan: la crescente minaccia del fallimento”.
Il tenente colonnello Douglas A. Ollivant, un ufficiale ritirato dell’esercito che ha lavorato in Iraq per il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti durante la presidenza di Geroge W. Bush e successivamente per il Presidente Obama, ha detto che l’Afghanistan può essere “in vari ordini di magnitudine” più complicato. “Non presenta nessuna delle infrastrutture, dell’istruzione e delle risorse naturali iraquene – ha segnalato – e non ha neppure una leadership politica con obiettivi affini a quella statunitense”.
“Ci troviamo in un luogo nel quale non disponiamo di buone opzioni, e tutti stiamo lottando contro questa condizione”, ha detto il colonnello Ollivant. “Reggere sembra un progetto di 10 anni e non sono sicuro che abbiamo il capitale politico e finanziario per farlo. D’altra parte, anche il costo di una ritirata sembra terribilmente alto. Perciò, siamo intrappolati.
E come Lyndon B. Johnson ha scoperto, le conseguenze possono costare care.
(Pubblicato su The New York Times, riassunto da CubaDebate – Traduzioni Granma Int).

 

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