mercoledì 28 ottobre 2009

Grecia e il silenzio mediatico

Bomba ad Atene: nessuna vittima

Esplosione davanti a sede della squadra di calcio Olympiakos

28 ottobre, 08:33

(ANSA) - ATENE, 28 OTT - Una bomba e' esplosa stamani ad Atene davanti alla sede della squadra di calcio Olympiakos, facendo danni ma nessuna vittima. L'ordigno, di potenza ancora imprecisata, e' detonato, riferiscono i media, poco dopo le 04.00 ora locale (le 03.000 italiane) nel quartiere ateniese di Pangrati. Danneggiate anche alcune automobili parcheggiate davanti alla sede del club calcistico.

 

Attacco armato a polizia ad Atene, feriti diversi agenti

Ad agire sarebbero stati uomini in motocicletta

28 ottobre, 00:03

ATENE - La guerriglia anarco-insurrezionalista greca ha sferrato questa sera un nuovo attacco contro la polizia ferendo a colpi di kalashnikov almeno cinque agenti, di cui due in modo grave. L'azione non è stata rivendicata ma secondo gli inquirenti, che si basano sul tipo di armi usate e sulla modalità dell'azione, sarebbe opera di uno dei gruppi armati più importanti, Lotta Rivoluzionaria o Setta dei Rivoluzionari. Tra gli agenti feriti, cinque o sei secondo le diverse versioni, due sono in serie condizioni tra cui una donna colpita alla gamba e ad una spalla. Il più grave è però un poliziotto che ha ricevuto quattro proiettili al petto e all'addome ed è stato già operato. Un passante è stato colto da malore ed è stato ricoverato.
Gli aggressori, tre o quattro su due moto, hanno sparato alcune decine di colpi di kalashnikov dandosi alla fuga prima che fosse possibile qualsiasi reazione. L'attacco è avvenuto poche ore dopo la rivendicazione da parte di un gruppo sinora sconosciuto, 'Consiglio per la distruzione dell'ordiné, di recenti attentati con bombe incendiarie e senza gravi conseguenze a Salonicco contro gli uffici del ministro della giustizia, il viceministro dell'ordine pubblico, una deputata del partito socialista di governo e la residenza del metropolita della città.
Il Consiglio ha anche rivendicato l'attacco, sempre con bombe a gas, contro la Camera di commercio italo-ellenica che recentemente aveva fatto danni non gravi. Nella rivendicazione il Consiglio ha sottolineato l'unità trai gruppi armati e le forze insurrezionaliste anarchiche invitando "l'Idra della rivoluzione" ad attaccare senza pietà il sistema, "senza lasciare nulla in piedi". Da alcuni giorni fonti vicine al governo segnalavano che il ministro per l'ordine pubblico Michalis Chrisochoidis temeva una ripresa dell'azione terroristica, che considera il governo socialista non migliore di quello di centrodestra.
E Chrisochoidis, che quando era stato ministro dell'interno aveva sgominato nel 2003 la sanguinaria organizzazione armata marxista 17-N, ha annunciato nei giorni scorsi la riapertura delle indagini sugli 'anni di piombo' anche per far più luce sui nuovi gruppi insurrezionalisti. E nel quadro di questa strategia ha anche posto una taglia di 600 mila euro su tre persone colpevoli di varie rapine e che sono sospettate di far parte di Lotta Rivoluzionaria.

sabato 24 ottobre 2009

Influenza A: denunciato vaccino

Da parte di 9 abitanti dell'Isere, nel sud della Francia

23 ottobre, 20:09


(ANSA) - PARIGI, 23 OTT - Alcuni abitanti dell'Isere, nel sud della Francia, hanno sporto denuncia contro la campagna di vaccinazione per il virus H1N1.

Nella denuncia, depositata al tribunale di Grenoble, la campagna di vaccinazione viene giudicata come 'un vero e proprio tentativo di avvelenamento della popolazione'. Si tratta della prima denuncia di questo tipo in Francia, ma altre dovrebbero seguire nei prossimi giorni a Parigi, Pau e Nantes.
 

Segnali della crisi sociale

Londra, nuove pattuglie armate

Nei quartieri dove e' in atto guerra fra bande criminali

23 ottobre, 19:02


(ANSA) - LONDRA, 23 OTT - Scotland Yard annuncia la creazione di unita' armate di poliziotti per pattugliare aree di Londra piagate dalla lotta fra bande criminali.

In particolare gli agenti verranno dislocati nei quartieri a nord della capitale - dove e' in atto una guerra di gang turche - e a sud del Tamigi. La decisione ha suscitato molte polemiche. Le nuove pattuglie verranno formate con gli agenti della sezione CO19, il corpo di Scotland Yard addestrato all'uso di armi da fuoco.



GB/ 1 elettore su 5 voterebbe per l'estrema destra del BNP
Roma, 24 ott. (Apcom) - Aumenta in Gran Bretagna il sostegno per il British National Party, partito di estrema destra al centro di polemiche negli ultimi giorni; secondo un sondaggio YouGov pubblicato oggi dal Daily Telegraph, più di un un elettore su 5 sarebbe pronto a votare per il BNP. Il dato getterà benzina sul fuoco delle polemiche che circondano la Bbc: l'ente tv nazionale giovedì ha dato spazio in un dibattito al leader del partito Nick Griffin. Il programma, "Question Time", vedeva lui ed altri politici intervistati dal pubblico in studio. Fuori dalla sede della Bbc a Londra ci sono state manifestazioni di protesta. E il sondaggio YouGov è stato effettuato poche ore dopo la trasmissione della tv pubblica, che sembra aver dato una utile piattaforma a Griffin. Il BNP afferma di aver registrato 3.000 iscritti in più da giovedì, ma Griffin sostiene che vuole querelare la Bbc, perchè non ha avuto a che fare con un pubblico ma con "una folla da linciaggio". Secondo l'inchiesta di YouGov, il 22% degli elettori britannici potrebbe "seriamente pensare" di votare per il Bnp a livello locale, nazionale o per le elezioni europee. Di questi, il 4% è sicuro di votare il partito di estrema destra, il 3% lo considera "probabile" e il 15% "possibile". Due terzi dell'elettorato ritengono impossibile votare per il Bnp. Il resto "non sa". Griffin, nel corso della trasmissione della Bbc, è stato chiamato ad esprimersi sulle sue opinioni estremiste in materia di Olocausto (di cui in passato ha negato l'esistenza), immigrazione, Islam, omosessualità. La Bbc ha visto quadruplicare l'audience abituale del programma: oltre 8 milioni di telespettatori. Sono probabili altre polemiche: secondo il sondaggio YouGov, oltre la metà degli intervistati si è detta d'accordo on il leader del Bnp, o almeno, anche se non è disposta a votare per il partito, pensa che Griffin abbia ragione a difendere gli interessi della popolazione bianca, "indigena" britannica.





Grecia updates

Bombe Salonicco: e' caccia all'uomo

Tre ordigni artigianali, sospetti su anarchico-insurrezionali

24 ottobre, 11:48



(ANSA) - ATENE, 24 OTT - La polizia greca ha lanciato una caccia all'uomo per catturare i responsabili dei tre attentati con bombe a gas di ieri sera a Salonicco.

Gli investigatori sospettano che gli attentati con ordigni artigianali contro gli uffici del ministro della giustizia di un viceministro e di una deputata del Pasok, che solo casualmente non hanno provocato danni alle persone, possano essere opera uno dei gruppi armati attivi in Grecia, forse Cospirazione dei Nuclei di Fuoco (Spf). (FOTO D'ARCHIVIO) 

venerdì 23 ottobre 2009

USA militarizzazione massiva

22/10/09


US Joins Ranks Of Failed States


Paul Craig Roberts

In any failed state, the greatest threat to the population comes from the government and the police...
The US has every characteristic of a failed state.
The US government's current operating budget is dependent on foreign financing and money creation.
Too politically weak to be able to advance its interests through diplomacy, the US relies on terrorism and military aggression.
Costs are out of control, and priorities are skewed in the interest of rich organized interest groups at the expense of the vast majority of citizens. For example, war at all cost, which enriches the armaments industry, the officer corps and the financial firms that handle the war's financing, takes precedence over the needs of American citizens. There is no money to provide the uninsured with health care, but Pentagon officials have told the Defense Appropriations Subcommittee in the House that every gallon of gasoline delivered to US troops in Afghanistan costs American taxpayers $400.
"It is a number that we were not aware of and it is worrisome," said Rep. John Murtha, chairman of the subcommittee. According to reports, the US Marines in Afghanistan use 800,000 gallons of gasoline per day. At $400 per gallon, that comes to a $320,000,000 daily fuel bill for the Marines alone. Only a country totally out of control would squander resources in this way.

giovedì 22 ottobre 2009

Grecia

22/10/200
Grecia, i poliziotti arrestano in libreria uno scrittore e due giornalisti
Oggi ad Atene gli studenti scendono in piazza contro la riforma universitaria


                                                                  
La sinistra politica greca ha espresso oggi profonda preoccupazione riguardo al comportamento della polizia.
Da diversi giorni gli agenti erano al centro delle polemiche per la violenza delle loro azioni ma a far traboccare il vaso è stato il raid compiuto dalle forze dell'ordine in una libreria al centro di Atene. Durante la presentazione di un libro sono stati arrestati lo scrittorr Dimitri Papachristou e due giornalisti. I tre, tutti vicini al partito Syriza, sono poi stati rilasciati ma il gesto ha suscitato molte polemiche e preoccupazioni. Michalis Chrisochoidis, il nuovo ministro dell'ordine pubblico, ha fatto sapere che il raid è stato deciso in seguito all'aggressione agli agenti di polizia da parte di una trentina di giovani incappucciati nel quartiere centrale di Exarchia, ritenuto una fortezza degli anarchici.
Il raid in libreria è solo l'ultima delle violenze compiute dalla polizia greca. Nei giorni scorsi ad Atene si erano svolte numerose manifestazioni per chiedere chiarimenti sulla morte di un giovane pachistano, deceduto, con ogni probabilità, in seguito alle torure e al pestaggio in caserma. Per cercare di stemperare la tensione, il ministro Chrisochoidis ha reso noto il progetto di integrazione degli immigrati nella polizia per evitare i conflitti. Secondo Chrisochoidis gli stranieri di prima generazione dovranno fare da mediatori con le comunità immigrate residenti in Grecia, mentre quelli di seconda generazione potranno essere assunti come veri e propri agenti. Una proposta che non piace e che va a saldarsi con i fermenti del mondo studentesco per la riforma universitaria. Il rettorato di Atene è stato occupato, così come molte altre scuole e facoltà, e oggi è in programma ad Atene una grande manifestazione studentesca.


Fonte

USA spese militari 2010

Budget 2010 plurimiliardario per le forze armate USA
di Antonio Mazzeo




Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America avrà a disposizione quasi due miliardi di dollari al giorno per finanziare le proprie missioni di guerra a livello planetario ed acquisire nuovi sistemi d’arma dal complesso militare industriale nazionale. Il Congresso, a stragrande maggioranza, ha approvato il National Defense Authorization Bill che assegna alle forze armate un budget da 680,2 miliardi di dollari per il prossimo anno. Il piano finanziario diventerà operativo subito dopo la firma del presidente Barack Obama, ma alcuni emendamenti approvati potrebbero creare qualche frizione all’interno dell’Amministrazione USA.


USA-Florida parla la gente normale

La Grande Crisi - Florida


Da un mio lettore: Luca

Corrispondente "per caso" da Orlando, Florida, U.S.A.
Reality Crisis: frammenti di vita vissuta dall'epicentro della Grande Crisi
Ecco cosa succede "là fuori" nel mondo reale di Main Street...ad anni luce di distanza dal mondo virtuale di Wall Street.
Sono episodi di vita ordinaria che ci fanno capire molte cose della "american way of life"...
Non c'è il solito homeless in primo piano o la coppia di licenziati che vive nel motel con 4 figli...ma sullo sfondo...


Orlando, FL, U.S.
21 ottobre 2009, ore 16.05 (local time)

....Ci sono tantissime cose che potrei dirti su come la situazione sia cambiata qui ad Orlando, FL da quando sono arrivato (Settembre 2006) ad oggi. ...
Ecco alcuni flash di come si vive la situazione da qui.
Ovviamente è la visione che si ha da Orlando e magari non rispecchia tutta la nazione....ma c'e' chi dice che qua siamo messi meglio di altri!!!


AUTOMOBILI
Appena arrivato qui dovevo ovviamente comprarmi una macchina. Per andare a fare un test drive nel 2006 bisognava prendere appuntamento e non te lo davano prima di una settimana perche' avevano la fila. Per trovare la Honda Civic che volevo, ho dovuto girare 4 dealer, gli altri la avevano terminata.
Ad oggi, la meta' dei dealer qui nell'area di Orlando hanno chiuso!!!
Qualche settimana fa un rivenditore KIA ti regalava una RIO se compravi una SORENTO. Sono tantissimi i dealer che ti offrono $7000 per la tua vecchia macchina pure se gliela devi portare col carro attrezzi.
SONO DISPERATI, LE MACCCHINE NUOVE NON SE LE COMPRA PIU' NESSUNO!
Alla faccia dell'obamiano "cash for clunkers"....
questo link trovi un esempio delle offerte attuali: http://www.westcolonialkia.com/Weekly-Specials/

LA GUERRA E’ PACE. L’IGNORANZA E’ FORZA




DI JOHN PILGER
newstatesman.com

Barack Obama, vincitore del Nobel per la Pace del 2009, sta pianificando una nuova guerra da aggiungere al suo già straordinario elenco.

I suoi agenti in Afghanistan regolarmente distruggono feste matrimoniali, contadini e lavoratori edili con armi di ultima generazione come il missile Hellfire (fuoco infernale), che risucchia l’aria dai polmoni. Secondo le Nazioni Unite, 338.000 bambini afghani stanno morendo sotto la coalizione guidata da Obama, che permette di spendere soltanto 29 dollari all’anno pro capite in cure mediche.

Nel giro di poche settimane dalla nomina, Obama ha iniziato una nuova guerra in Pakistan, che ha spinto più di un milione di persone ad abbandonare le loro case. Minacciando l’Iran – che il suo segretario di stato, Hillary Clinton ha dichiarato di esser pronta ad “annientare” – Obama mentì nel dire che gli Iraniani stavano occultando una “programma nucleare segreto”, pur sapendo che ciò era già stato segnalato all’Autorità Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA). D’accordo con l’unica potenza nucleare in Medio Oriente, ha corrotto l’Autorità Palestinese inducendola a respingere la delibera delle Nazioni Unite secondo cui Israele aveva commesso crimini contro l’umanità nella sua aggressione a Gaza – crimini resi possibili dall’uso di armi inviate dagli Stati Uniti con la segreta approvazione di Obama prima del suo insediamento.


martedì 20 ottobre 2009

Sempre meno libertà d'informazione

ANSA.it > Mondo > News

Italia scivola al 49mo posto nella classifica sulla libertà di stampa

PARIGI - L'Italia continua a perdere posti nella classifica di Reporter senza frontiere per la libertà di stampa: quest'anno l'organizzazione la piazza al 49/mo posto, era al 44/mo nel 2008 e al 35/mo nel 2007.

Secondo RSF - si legge sul rapporto- a "giustificare" questo continuo regresso sono "lepressioni esercitate dal Cavaliere ed il suo asprointerventismo, le violenze della mafia nei confronti deigiornalisti, oltre che un progetto di legge che limitadrasticamente le intercettazioni da parte della stampa". "Siamo molto preoccupati per la situazione della libertà distampa in Italia", ha commentato Jean-Francois Julliard,segretario dell'organizzazione, intervistato dall'ANSA.

"E' incorso una vera deriva - ha aggiunto - legata innanzitutto alconflitto di interessi del capo del governo. In particolarel'elemento nuovo registrato quest'anno è l'atteggiamentoaggressivo di Silvio Berlusconi nei confronti dei media". In testa alla classifica figurano Danimarca, Finlandia eIrlanda. In fondo alla lista, per il terzo anno consecutivo, al173/o, 174/o e 175/o posto, si piazzano Turkmenistan, Corea delNord e Eritrea. Gli Stati Uniti di Barack Obama entrano fra iprimi 20 (erano al 40/o posto l'anno scorso).

In tre anni l'Italia perde quattordici posizioni e dal 35/o posto del 2007 scivola quest'anno al 49/o. E mentre gli Stati Uniti, nell'anno di Barack Obama alla Casa Bianca, guadagnano 20 posizioni rispetto all'anno scorso (dal 40/o al 20/o posto), Israele è in caduta libera (perde 47 posizioni e precipita al 93/o posto) e l'Iran si ritrova addirittura al quart'ultimo posto (172/o), avanti solamente al "trio infernale" Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan. I dati di Rsf sono accompagnati da un rapporto pubblicato oggi a Parigi. Il Paese che gode di maggiore libertà di stampa - secondo i dati raccolti - è la Danimarca, seguita da Finlandia e Irlanda. Ma anche se le prime tredici caselle della classifica sono occupate da paesi europei, alcuni - come Francia (43/esima), Slovacchia (44/esima) e Italia - "proseguono la loro caduta".

"E' inquietante vedere come democrazie europee come Francia, Italia e Slovacchia perdano progressivamente posizioni in classifica anno dopo anno", ha commentato il segretario generale di Reporter senza Frontiere Jean-Francois Julliard. Per quanto riguarda l'Italia, si legge nel rapporto, "le vessazioni di Berlusconi nei confronti dei media, le ingerenze crescenti, le violenze della mafia contro i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata, e una proposta di legge che ridurrebbe drasticamente la possibilità dei media di pubblicare intercettazioni telefoniche spiegano il perché l'Italia perda posizioni per il secondo anno consecutivo". Ad ogni modo, si fa notare, né la Francia, né la Spagna (44/o posto) "hanno fatto molto meglio".

lunedì 19 ottobre 2009

Money

L'indicibile odissea di moltissimi piccoli costretti a prostituirsi dai loro stessi genitori.
Eppure c'è chi, sebbene sia difficile, sta conducendo una battaglia per cambiare le cose

Nell'inferno dei bordelli cambogiani
dove i bambini sono venduti per 10 dollari

dal nostro inviato PIETRO DEL RE


PHNOM PENH - "La vuoi una bambina di dieci anni? O preferisci il mio fratellino, che di anni ne ha otto?". Assieme alla marijuana e all'anfetamina, questo offrono i papponi agli occidentali che scendono negli alberghi da due soldi attorno al lago Bung Kak di Phnom Penh. Anche l'autista di tuk-tuk propone creature di cui abusare: "Conosco un bordello pieno di ragazzine. Costano care, però. Almeno venti dollari".

Che la Cambogia sia ancora un paradiso per pedofili lo dimostrano anche le statistiche: una bambina su quaranta viene venduta ai bordelli, alcune di queste hanno appena 5 anni. Almeno un terzo delle prostitute cambogiane è minorenne. "Eppure, qualcosa sta cambiando", dice Bruno Maltoni dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni, direttore di un progetto finanziato dalla Cooperazione italiana contro il traffico di minori a scopo sessuale in Cambogia.

venerdì 16 ottobre 2009

Da leggere

Torno dopo tanto tempo a parlare di finanza, perche’ stanno arrivando dei dati che dovrebbero farci riflettere. All’inizio della crisi scrissi che si stimavano 100 milioni di persone che sarebbero morte di fame per colpa di questa speculazione.(1) Questi numeri sembravano irreali e tirati a vanvera, ma oggi a quanto pare quelle stime non erano tanto lontane dalla realta’.

A quanto pare , circa 90 milioni di persone si sono aggiunte al gruppo di coloro che faticano ad avere abbastanza cibo per vivere.
Cosi’, ora si richiede un ripensamento riguardante i reati di tipo finanziario.
Storicamente, i reati di tipo finanziario sono stati considerati meno gravi rispetto a quelli “contro la persona”. Se io truffo qualcuno , anche andando sul penale, non riusciro’ mai a venir considerato un criminale di uguale portata rispetto a, che so io, qualcuno che abbia ucciso o che abbia stuprato.
Questa assunzione si basava su diversi fatti all’epoca molto comuni:
  • Poiche’ l’economia e’ rappresentabile mediante dei bilanci, ed un bilancio e’ algebrico, in teoria sarebbe sempre possibile risarcire un danno mediante il semplice versamento di denaro. Cosi’, privare della liberta’ una persona e’ inutile: tutt’al piu’, si puo’ costringerla al risarcimento.
  • Il danno economico subito generalmente non corrispondeva ad un danno fisico, ad una mutilazione o ad una violenza esercitata sul corpo.
  • Quando uno di questi crimini si esercitava su grandi masse di persone, generalmente l’entita’ procapite era molto bassa.
Inoltre, in quel periodo i crimini contro l’umanita’ erano diretti effettivamente contro la persona, ed erano perpetrati principalmente con l’uso delle armi. Erano generalmente legati ad eventi militari o all’azione violenta di qualche governo.
Cosi’, tutte le leggi riguardanti i grandi crimini contro l’umanita’, dal dilettantistico tribunale di Norimberga sino ai piu’ moderni trattati e ai moderni tribunali , sono tutti incentrati su quegli avvenimenti tipici del novecento: un governo, durante una guerra o a scopi ideologici/razziali, ordina massacri o comunque azioni che colpiscono militarmente (o mediante la violenza) la popolazione.
I reati finanziari non sono praticamente sfiorati da queste legislazioni: non era mai successo, prima, che una condotta finanziaria potesse causare danni alle persone intese come entita’ fisiche e biologiche, danni di tale entita’ da poter parlare di sterminio, genocidio o altro.
Il problema di questa crisi e’ proprio quello di evidenziare la carenza di queste legislazioni.
Se io dovessi deviare il corso di un fiume che normalmente sfocia in una nazione vicina, causando la morte per fame di novanta milioni di persone, ricadrei in un caso molto comune del diritto internazionale. Innanzitutto quello che gestisce il corso dei fiumi attraverso i confini, in secondo luogo verrei accusato di genocidio, dal momento che avrei compiuto un’azione tesa alla scomparsa di una popolazione intera.
Questo e’ dovuto al fatto che ad agire e’ un’ente tra quelli osservati: cosi’ come il principale sorvegliato nei reati di stupro e’ il maschio, si pensava che i mezzi per compiere atti del genere fossero normalmente i mezzi a disposizione dei governi. Per questa ragione, il comportamento genocida dei governi e’ classificato e le fattispecie sono note.
Questa volta e’ successo qualcosa di diverso.
Analogamente a quanto potrebbe fare un governo deviando il corso di un fiume, alcuni speculatori hanno causato una situazione per la quale sono venute a mancare risorse a 90 milioni di persone. La differenza e’ data da alcuni fatti:
  1. Non sono stati usati gli strumenti tipici coi quali i governi fanno queste cose. Non si tratta di azioni militari o infrastrutturali nel senso governativo del termine.
  2. Non si e’ interagito direttamente con le risorse, ma con i meccanismi che ne determinano la distribuzione.
Eppure, il dato e`questo: con 90 milioni di persone sotto la soglia della sottonutrizione, se solo un 10% di questi dovesse morire di fame perche’  prima della crisi era gia’ prossimo a quel punto, siamo gia’ ad una volta e mezza il genocidio hitleriano.
Problema: io non vedo alcun processo di Norimberga in atto.
Personalmente, credo sia sia ad una svolta, e credo che il problema vada sollevato in qualche modo. Sono cambiate le forze in gioco e sono cambiati i mezzi. I reati finanziari, oggi, non sono “relativamente innocui sulle persone” come un tempo, non e’ sufficiente un risarcimento per pareggiare la cosa (la fame puo’ causare danni permanenti, dal cretinismo ad handicap legati ad una cattiva nutrizione nel periodo della crescita) e specialmente possono investire con danni di grande entita’ dei numeri enormi di persone.
E’ chiaro che bisogna valutare la creazione , a livello giuridico, di una classe di reati contro l’umanita’  come di reati di genocidio,  i quali abbiano nella fattispecie il requisito di essere reati finanziari. Occorre cioe’ iniziare ad ipotizzare sia l’omicidio perpetuato con strumenti finanziari che la strage perpetuata con strumenti finanziari, che il genocidio perpetuato con strumenti finanziari.E occorre iniziare a classificare alcune condotte finanziarie (qualora esista la scala e la distribuzione) come uno strumento per la distruzione di massa.

Le persone che hanno costruito questa speculazione hanno costruito la carestia per 90 milioni di persone, e probabilmente la morte per fame di qualche milione di loro. Questa speculazione ha una caratteristica MATERIALE che e’ tipica delle armi di distruzione di massa, ovvero quella di colpire indiscriminatamente la popolazione. Come se non bastasse, ha una caratteristica ancora piu’ moralmente devastante, che e’ quella di colpire principalmente chi e’ gia’ povero e scivola sotto le condizioni di sopravvivenza.
Quando i governi hanno avuto a disposizione gli strumenti necessari a compiere azioni genocide su vasta scala, come con le armi nucleari o con quelle chimiche, immediatamente il diritto ha identificato il concetto ASTRATTO di genocidio, per evitare che un governo fantasioso potesse usare mezzi indiretti per ottenere la morte di un popolo (come nel caso dell’esempio che ho fatto, deviando un fiume). Cosi’ come si e’ arrivati ad un concetto ASTRATTO di arma di distruzione di massa, identificandola con la sua proprieta’ di colpire indiscriminatamente militari e non.
Faccio notare che queste legislazioni si fondano su due assunti:
  • Il reato viene definito in maniera astratta, prescindendo dalla definizione della vittima. (es: posso commettere un genocidio anche sterminando gli svizzeri, che parlino tedesco , francese, italiano o ladino).
  • Il reato viene definito a prescindere dalla definizione stretta dei mezzi, nel senso che anche un’attivita’ comune puo’ diventare un’arma di distruzione di massa se il risultato e’ quello di sterminare le masse.
Poiche’ si tratta di concetti astratti, adesso la domanda e’ : essi sono abbastanza astratti da contenere anche i reati finanziari, qualora abbiano gli stessi effetti e colpiscano in maniera ugualmente indisciplinata?
Ovviamente, una simile riflessione corrisponde ad una svolta epocale: quello che voglio dire e’ che improvvisamente i grandi manager di grossi enti finanziari si ritroverebbero a rispondere degli effetti che il loro operato ha sulla popolazione, esattamente come capita ai militari o ai leader politici.
Di conseguenza, il problema si sposta sul piano etico:
Intendiamo permettere che il mondo della finanza abbia il diritto di operare delle vere e proprie operazioni di sterminio di massa, adducendo la giustificazione che tradizionalmente i mezzi finanziari non si siano mai trovati nella condizione materiale di operare atti del genere?
E sara’ meglio iniziare a pensarci bene, perche’ ci sono personaggi al Cremlino che possono affamare interi paesi togliendo loro energia, il governo cinese puo’ ridurre gli USA ad un terzo mondo in stile africano semplicemente mettendo in circolo le proprie riserve, e cosi’ via…. o vogliamo aspettare che ci siano le ragioni per un’altra Norimberga?
Uriel

giovedì 15 ottobre 2009

M.O./ Rapporto Goldstone, Usa metteranno veto a risoluzione Onu



Gerusalemme, 14 ott. (Apcom) - L'ambasciatrice israeliana al Palazzo di Vetro, Gabriela Shalev, si dice certa che gli Stati Uniti metteranno il veto se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovesse decidere di votare una risoluzione sul rapporto Goldstone, che accusa Israele di aver commesso crimini di guerra durante l'operazione militare "Piombo fuso" condotta lo scorso inverno nella Striscia di Gaza. "Il segretario di Stato Hillary Clinton si è impegnato a che gli Stati Uniti oppongano il veto" in caso di voto su una risoluzione sul rapporto del giudice sudafricano Richard Goldstone, ha dichiarato Gabriela Shalev alla radio israeliana. Il rapporto, che critica in particolare il comportamento di Israele, sarà discusso oggi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu nell'ambito di un dibattito generale sulla situazione in Medio Oriente. Secondo fonti diplomatiche, i Paesi occidentali hanno rifiutato la convocazione di una riunione specifica sul rapporto Goldstone, giudicato "squilibrato" e "difettoso". Il documento sarà discusso in settimana anche al Consiglio dell'Onu per i diritti umani. (con fonte afp)


A cura di Silvia Cattori per Réseau Voltaire.

Intervista esclusiva a Mordechaï Vanunu

Ingegnere al centro di Dimona, Mordechaï Vanunu rivelò al Sunday Times nel 1986 l'esistenza del programma nucleare militare israeliano. Rapito in Italia dal Mossad quando aveva appena preso contatti coi giornalisti britannici e prima che il loro articolo venisse pubblicato, fu giudicato a porte chiuse e imprigionato per diciotto anni. Nonostante gli fosse vietato di avere contatti con la stampa, Mordechaï Vanunu ha risposto alle domande.
25 novembre 2005
Silvia Cattori: Che lavoro faceva in Israele prima che gli agenti del Mossad la rapissero a Roma nell'ottobre del 1986?
Vanunu

Mordechaï Vanunu: Lavoravo da nove anni al centro di ricerca in armamenti di Dimona, nella regione di Beer Sheva. Proprio prima di lasciare questo lavoro nel 1986, avevo preso delle foto all'interno dello stabilimento per dimostrare al mondo che Israele nascondeva un segreto nucleare. Il mio lavoro a Dimona consisteva nel produrre elementi radioattivi utilizzabili per la fabbricazione di bombe atomiche. Sapevo esattamente quali quantità di materie fissili venivano prodotte, quali materiali venivano utilizzati e che tipo di bombe veniva fabbricato. Silvia Cattori: Rivelare - da solo - al mondo che il suo paese deteneva segretamente l'arma nucleare, non voleva dire rischiare moltissimo?
Mordechaï Vanunu: Se l'ho fatto è stato perché le autorità israeliane non dicevano la verità. Si profondevano ripetendo che i responsabili politici israeliani non avevano assolutamente l'intenzione di dotarsi di armi nucleari. In realtà, però, producevano molte sostanze radioattive che potevano servire solo ad un unico scopo: costruire bombe nucleari. Notevoli quantità: ho calcolato che avevano già all'epoca - nel 1986! - più di duecento bombe atomiche. Avevano anche iniziato a costruire bombe a idrogeno molto potenti. Così ho deciso di far sapere al mondo intero cosa tramassero nel più assoluto segreto. E poi, volevo in questo modo impedire agli israeliani di utilizzare le bombe atomiche, per evitare una guerra nucleare in Medio Oriente. Volevo contribuire a portare la pace in questa area.
Avendo già delle armi superpotenti, Israele poteva fare la pace: non doveva
più temere alcuna minaccia palestinese, né tanto meno araba, poiché possedeva tutto l'armamento necessario alla sua sopravvivenza.
Silvia Cattori: Era preoccupato per la sicurezza dell'intero paese?
Mordechaï Vanunu: Sì. Certamente. Intendiamoci, non ho fatto tutto questo per il popolo israeliano. Gli israeliani avevano eletto questo governo, e questo governo aveva deciso di dotarli di armi nucleari. Tutti gli israeliani seguono la politica del governo israeliano da molto vicino . ma, per quanto mi riguarda, riflettevo considerando il punto di vista dell'umanità, il punto di vista di un essere umano, di tutti gli esseri umani che vivono in Medio Oriente, e anche di tutti gli esseri umani in tutto il mondo. Perché quello che aveva fatto Israele, potrebbero farlo molti altri paesi. Così', nell'interesse dell'umanità, ho deciso di far conoscere a tutto il mondo il pericolo che rappresentavano le armi nucleari segrete di Israele.
Silvia Cattori: Nel 1986, eravamo in piena Guerra fredda e le armi nucleari proliferavano. Si stavano diffondendo in molti paesi che non avevano ancora il nucleare, come il Sudafrica e altri. Il pericolo rappresentato dalle armi nucleari era reale. Ai giorni nostri, questo pericolo è diminuito.
Sapeva a cosa andava incontro? Perché era lei in particolare, e nessun altro, che doveva rischiare molto?
Mordechaï Vanunu: Certamente, sapevo che stavo rischiando. Ma quello che potevo fare, non avrebbe potuto farlo nessun altro a parte me. Sapevo che avrei avuto a che fare col governo israeliano. Non è come prendersela con degli interessi privati; sapevo che me la stavo prendevo direttamente col governo israeliano e con lo Stato ebreo israeliano. Sapevo quindi che avrebbero potuto punirmi, uccidermi, che avrebbero potuto fare di me quello che volevano. Ma avevo la responsabilità di dire la verità al mondo. Nessuno altro tranne me era in grado di farlo: era dunque mio dovere farlo. Qualunque fossero i rischi.
Silvia Cattori: La sua famiglia l'ha quindi sostenuta?
Mordechaï Vanunu: I miei familiari non hanno capito la mia decisione. Per loro è stato più brutto scoprire di essermi convertito al cristianesimo. Per loro era più dannoso, più doloroso dell'aver rivelato i segreti nucleari di Israele. Li rispetto e loro rispettano la mia vita. Siamo rimasti in buoni rapporti, ma non ci frequentiamo più.
Silvia Cattori: Si sente solo?
Mordechaï Vanunu: Sì. Certo, sono solo qui, alla cattedrale di Saint-Georges. Ma ho molti amici che mi sostengono.
Silvia Cattori: In che condizioni è stato processato e imprigionato?
Vanunu ammanettato
Mordechaï Vanunu: Il mio processo si è tenuto nel segreto più assoluto. Ero solo col mio avvocato. Sono stato condannato per spionaggio e tradimento. Le autorità israeliane si sono vendicate lasciandomi in isolamento e per tutta la durata del processo. Nessuno era autorizzato a vedermi né a parlarmi, mi vietavano di rivolgermi ai media. Hanno pubblicato molta disinformazione sul mio conto. Il governo israeliano ha utilizzato tutto il suo potere mediatico per fare un lavaggio del cervello all'opinione pubblica. Per lavare anche il cervello dei giudici al punto da convincerli della necessità di mettermi in prigione. Così il mio processo è stato tenuto segreto e i media non hanno avuto la possibilità di accedere alla verità; non hanno potuto sentirmi. Le persone erano convinte che fossi un traditore, una spia, un criminale. Non c'è stato un briciolo di giustizia nello svolgimento. Non c'era solo il processo: la cosa più crudele è stata isolarmi, in prigione. Mi hanno punito non solo tramite la detenzione ma anche isolandomi completamente, spiandomi continuamente, con trattamenti malvagi particolarmente viziosi e crudeli: hanno cercato di farmi arrabbiare, hanno cercato di farmi rimpiangere ciò che avevo fatto. Sono stato tenuto nella cella di segregazione durante diciotto anni di cui dodici anni e mezzo in isolamento totale. Il primo anno hanno messo delle videocamere nella mia cella. Mi hanno lasciato la luce accesa tre anni di fila! Le loro spie mi picchiavano continuamente, mi impedivano di dormire. Sono stato sottomesso ad un barbaro trattamento; hanno tentato di sfiancarmi. Il mio obiettivo era di resistere, di sopravvivere. E ci sono riuscito.
Silvia Cattori: Fortunatamente non hanno cercato di impiccarla, come voleva il ministro della Giustizia di allora, Tommy Lapid. Ha retto bene, ed è stato rilasciato il 21 aprile del 2004. Aveva giusto 50 anni!
Mordechaï Vanunu: Se mi hanno rilasciato è stato perché avevo scontato i diciotto anni di prigione ai quali mi avevano condannato. Volevano uccidermi. Ma, in fin dei conti, il governo israeliano ha deciso di non farne nulla.
Silvia Cattori: Nell'aprile del 2004, le televisioni hanno mostrato la sua scarcerazione. Il mondo ha allora scoperto quello che le era successo. Lei è apparso davanti alle telecamere felice, determinato, combattivo: l'esatto contrario di un uomo distrutto
Mordechaï Vanunu: Uscire di prigione, andare a parlare a tutto il mondo, festeggiare quel momento.dopo diciotto anni di prigionia, di proibizione di tutto. è stato un grande momento.
Silvia Cattori: I suoi carcerieri non sono riusciti a stroncarla mentalmente?
Mordechaï Vanunu: No, assolutamente no. Il mio obiettivo era di uscire e di parlare al mondo intero, di far capire alle autorità israeliane che avevano fallito. Il mio scopo era di sopravvivere e questa è stata la mia più grande vittoria su tutte quelle organizzazioni di spionaggio. Sono riusciti a rapirmi, a trascinarmi davanti al loro tribunale, a mettermi in prigione, in un posto segreto durante diciotto anni. e io sono sopravvissuto a tutto ciò.
Ho sofferto, naturalmente, ma sono sopravvissuto. Nonostante tutti i loro crimini, sono ancora vivo e sono anche in ottima salute! Sono di forte costituzione, e grazie a questa caratteristica ho superato la prova.
Silvia Cattori: Cosa l'ha aiutata a tenere duro?
Mordechaï Vanunu: La mia fermezza. Il fatto di continuare ad essere convinto che avevo avuto ragione nel fare ciò che avevo fatto. La volontà di far loro capire che, qualunque cosa facessero per punirmi, io avrei continuato a restare in vita.
Silvia Cattori: Qual è l'ostacolo più grande che ha dovuto fronteggiare, attualmente?
Mordechaï Vanunu: Mi hanno vietato di lasciare Israele. Sono stato liberato dalla prigione, ma qui, in Israele, sono in una grande prigione. Vorrei lasciare questo paese, godere della libertà nel vasto mondo. Ne ho abbastanza del potere israeliano. L'esercito può venire ad arrestarmi in qualsiasi momento, punirmi. Sento di essere alla loro mercé. Mi piacerebbe così tanto vivere lontano, molto lontano da qui.
Silvia Cattori: Quando Israele le permetterà di lasciare il paese?
Mordechaï Vanunu: Non ne so nulla. Mi hanno vietato di lasciare il paese per un anno. Passato un anno, mi hanno rinnovato il divieto per un nuovo anno che finirà ad aprile prossimo. Ma possono ancora prolungarmi il divieto tutto il tempo che vorranno.
Silvia Cattori: Che ne pensa del Trattato di non proliferazione nucleare quando, nel caso di Israele, si tollera "l'ambiguità nucleare", mentre si mette costantemente sotto pressione l'Iran - un paese che, tra l'altro, si sottomette alle ispezioni?
Mordechaï Vanunu: Tutti i paesi dovrebbero consentire le ispezioni internazionali e dire la verità su ciò stanno facendo, segretamente, in tutti gli impianti nucleari di cui dispongono. Israele non ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare. Centottanta paesi l'hanno firmato, tra cui tutti i paesi arabi. L'Egitto, la Siria, il Libano, l'Iraq, la Giordania. Tutti i paesi vicini a Israele hanno aperto le loro frontiere alle ispezioni dell'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica, n.d.t.). Israele è peggiore esempio. E' l'unico paese che ha rifiutato di firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Gli Stati Uniti e l'Europa dovrebbero cominciare a risolvere il caso di Israele; Israele deve essere considerato come qualsiasi altro paese. Dobbiamo finirla con l'ipocrisia e obbligare Israele a firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Bisogna imporre a Israele il libero accesso degli ispettori dell'AIEA al centro di Dimona.
Silvia Cattori: L'Iran, che adempie ai propri obblighi e accetta le ispezioni dell'ONU, è pur minacciato da sanzioni. Israele, che dispone dell'arma nucleare rifiuta ogni ispezione dell'AIEA, non è oggetto di alcuna azione. Perché "due pesi, due misure" da parte degli Stati Uniti, ma anche dell'Europa?
Mordechaï Vanunu: Va anche peggio di ciò che lei dice: non solo non ce la prendiamo con Israele, ma per giunta aiutiamo segretamente questo paese.
Esiste una cooperazione segreta tra Israele e la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti. Questi paesi hanno deciso di contribuire alla potenza nucleare di Israele per fare di questo paese uno Stato coloniale nel mondo arabo. Aiutano Israele perché vogliono che sia al loro servizio, in quanto paese colonialista che controlla il Medio Oriente, ciò che permette loro di impossessarsi degli introiti provenienti dal petrolio e di mantenere gli arabi sottosviluppati e all'interno di conflitti fratricida. E' questo il motivo principale di questa cooperazione.
Silvia Cattori: L'Iran non rappresenta una minaccia, come affermano Israele e gli Stati Uniti?
Mordechaï Vanunu: Essendo sotto il controllo degli ispettori dell'AIEA, l'Iran non rappresenta alcun pericolo. Gli esperti occidentali sanno perfettamente qual è la natura del programma nucleare iraniano. Contrariamente a Israele, che non lascia accedere nessuno ai suoi impianti nucleari. Questo è il motivo per cui l'Iran ha deciso di agire con risolutezza e di dire al mondo intero: "Non potete esigere più trasparenza da noi, mentre continuate a chiudere gli occhi su quello che accade in Israele!". Tutti gli arabi si rendono conto, dopo quaranta anni, che Israele ha delle bombe atomiche e che nessuno fa nulla a riguardo. Finché il mondo continuerà ad ignorare le armi atomiche di Israele, non potrà permettersi di dire qualunque cosa all'Iran. Se il mondo è davvero preoccupato, e se vuole sinceramente porre fine alla proliferazione nucleare, che cominci dall'inizio, vale a dire con Israele!
Silvia Cattori: Deve averle dato fastidio quando ha sentito Israele, che non è in regola, dire che è pronto a bombardare l'Iran, che, a questo punto, non ha assolutamente infranto alcuna regola!
Mordechaï Vanunu: Sì, mi fa uscire di senno. Non abbiamo nulla da rimproverare all'Iran: prima di fare qualsiasi cosa contro un qualunque altro paese, bisogna occuparsi del caso israeliano. Se qualcuno vuole prendersela con l'Iran, deve, innanzitutto, prendersela con Israele. Il mondo non può ignorare quello che fa Israele, in proposito, da più di quaranta anni. Gli Stati Uniti dovrebbero obbligare Israele a firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. Ed è arrivato il momento anche per l'Europa di riconoscere ufficialmente che Israele possiede delle bombe atomiche. Tutto il mondo arabo dovrebbe essere estremamente preoccupato sentendo tutti questi discorsi che incriminano l'Iran, che non possiede alcuna arma atomica, e che continuano ad ignorare Israele.
Silvia Cattori: Quali sono gli stati che hanno cooperato con Israele?
Mordechaï Vanunu: Israele ha aiutato la Francia e la Gran Bretagna nella campagna contro l'Egitto nel 1956. Dopo l'operazione di Suez, la Francia e la Gran Bretagna hanno iniziato a cooperare al programma nucleare israeliano, per ringraziare Israele per il sostegno che ha loro fornito durante quella guerra.
Silvia Cattori: Il Sudafrica non ha aiutato Israele fino al 1991?
Mordechaï Vanunu: E' stato effettivamente in Sudafrica, nel deserto, che Israele ha proceduto ai suoi test nucleari.
Silvia Cattori: Sembra che negli anni sessanta il presidente Kennedy avrebbe chiesto che venissero effettuate delle ispezioni a Dimona in Israele. Lei vede un legame tra questa richiesta e il suo assassinio?
Mordechaï Vanunu: Credo che all'epoca di Kennedy gli Stati Uniti si fossero opposti al programma nucleare israeliano. Kennedy ha cercato di fermare Israele, a riguardo, ma il suo assassinio non gli ha lasciato il tempo. Secondo me, il momento dell'assassinio di Kennedy è legato alla diffusione delle armi nucleari in Israele e in altri paesi. Quelli che l'hanno assassinato erano favorevoli all'espansione nucleare. Grazie all'eliminazione dell'importuno Kennedy, la proliferazione ha potuto continuare. Di fatto, i presidenti Johnson e Nixon [che sono succeduti a Kennedy, ndt] non hanno creato alcun inconveniente: hanno lasciato fare Israele. Constatiamo semplicemente che, dopo l'assassinio di Kennedy, si è manifestato un cambiamento che andava in quella direzione.
Silvia Cattori: La sua denuncia non ha impedito a Israele di mantenere tabù questa questione: è riuscito a non inimicarsi le grandi potenze. La sua strategia poco trasparente non si sarebbe dunque accertata efficace?
Mordechaï Vanunu: E' meglio riconoscere la forza che dire di sì. Israele è un caso che fa scuola. Come può un piccolo paese sfidare il mondo intero e seguire una politica aggressiva senza preoccuparsi affatto degli altri? Gli israeliani sono riusciti a farlo all'epoca. Ma oggi, il mondo è cambiato. La Guerra fredda è finita, il comunismo è sconfitto, il mondo si orienta verso la pace: si capisce, le armi nucleari non aiuteranno Israele in niente.
Adesso che Israele deve mostrare che desidera la pace, e in che modo intende contribuirvi, per questo paese, che utilità potrebbero avere le armi nucleari? La politica nucleare israeliana era possibile nel contesto della Guerra fredda. Ma oggi, dobbiamo far sì che Israele adotti una nuova politica, che dimostri al mondo intero che vuole la pace e che riconosca di non aver assolutamente bisogno delle armi atomiche.
Silvia Cattori: Negli anni cinquanta Israele già disponeva di un considerevole armamento. Che motivo aveva quindi di dotarsi dell'arma nucleare?
Mordechaï Vanunu: Un paese anche piccolo come Israele non ha alcun valido motivo di detenere un numero così vasto di armi atomiche. E' un po' come se il programma di armamento nucleare di Israele gli avesse montato la testa. Non si può in alcun caso usare l'arma atomica nella regione: tutte le bombe atomiche che verrebbero utilizzate contro la Siria, l'Egitto o la Giordania avrebbero effetti radioattivi e renderebbero la vita impossibile anche in Israele. Ogni bomba danneggerebbe anche Israele. Fino a qui, gli israeliani non hanno neanche il diritto di discutere tra loro. Tuttavia, questo problema preoccupa tutti. Attendiamo la risposta di Israele su questo problema.
Silvia Cattori: Per Israele non si tratta di un'arma che gli permette di mantenere lo status quo? Di uno strumento di ricatto politico? E' per poter discutere coi grandi allo stesso livello - Stati Uniti in testa - e non concedere nulla agli arabi, che Israele ha defraudato e che sono deboli militarmente?
Mordechaï Vanunu: Sì, è proprio così. Israele usa la potenza delle armi nucleari per assestare le sue politiche. Israele ha molto potere, annienta i suoi vicini con l'arroganza. Gli Stati Uniti - anche loro! - non sono nella condizione di dire agli israeliani quello che devono fare. L'Europa, oggi, si rende conto della potenza di Israele. Anche senza usare la bomba atomica, anche senza brandire la minaccia che gli farebbero, gli israeliani possono imporre il loro potere, posso fare assolutamente ciò che vogliono: possono innalzare muraglie, possono edificare colonie in Palestina, nessuno è nella condizione di dire loro che non hanno il diritto di farlo perché sono estremamente potenti. Si tratta del risultato dell' uso delle armi atomiche a scopi di ricatto politico. Possono usare la bomba atomica contro ogni paese che vorrebbe fermare la loro politica aggressiva verso i palestinesi. Questa è la situazione oggi. Il mondo intero lo sa, tutto il mondo lo sa. C'è un'altra ragione per cui né gli Stati Uniti né l'Europa fanno nulla: loro sanno fino a che punto Israele è potente. Di conseguenza, il modo migliore di neutralizzare Israele consiste nel far sapere la verità al mondo e nel studiare quello che succede, nel campo dell'armamento atomico, finché vi rinuncia.
Silvia Cattori: Israele ha pensato di ricorrere all'arma nucleare contro i suoi vicini arabi nel 1973?
Mordechaï Vanunu: Sì. Nel 1973, Israele era pronto a utilizzare delle armi atomiche contro la Siria. E contro l'Egitto.
Silvia Cattori: Per aver rivelato un segreto di Stato, lei ha molto sofferto. Alla fine, per quale risultato?
Mordechaï Vanunu: Innanzitutto, il mondo ha adesso la prova che Israele possiede delle armi atomiche. Nessuno, oramai, può più ignorare la verità per quanto riguarda il progetto nucleare di Israele. Detto questo, Israele si è trovato nell'impossibilità di ricorrere a queste armi. Un altro risultato della mia azione riguarda il fatto che il mondo ha preso coscienza di ciò che ha fatto questo piccolo Stato ebreo, nel segreto più assoluto. E il mondo ha anche scoperto su quali menzogne e su quale disinformazione è stato edificato questo Stato. Il fatto di sapere che un paese così piccolo sia stato capace di fabbricare segretamente duecento bombe atomiche ha contribuito ad allettare l'opinione pubblica mondiale sul suo comportamento.
La paura che un altro piccolo paese possa fare la stessa cosa e fabbricare delle armi atomiche ha stimolato il mondo a riflettere sulla maniera di fermare la proliferazione nucleare e di impedire ad Israele di aiutare altri paesi ad usare queste armi, in futuro. Quando il mondo è venuto a conoscenza di ciò che Israele ha fatto nel più grande segreto, si è manifestata la paura per la proliferazione nucleare. Il mondo ha preso coscienza del potere di Israele e ha iniziato ad esercitare delle pressioni su questo paese per costringerlo a fare la pace coi palestinesi e col mondo arabo. Israele non aveva più alcun motivo di affermare che temeva i suoi vicini arabi dal momento che disponeva, dalla fine degli anni cinquanta, di una quantità di armi sufficiente per assicurare la sua sicurezza.
Silvia Cattori: Per quale ragioni Israele continua a perseguitarla?
Mordechaï Vanunu: Quello che ho fatto ha irritato molto gli atteggiamenti politici israeliani! Gli israeliani hanno dovuto cambiare i loro piani. La politica nucleare segreta di Israele è l'opera di Shimon Pérès. Ed ecco che è stata distrutta questa politica che consiste nel fabbricare armi atomiche clandestinamente. A causa di questa rivelazione, Israele ha dovuto prendere una nuova direzione, definire nuovi piani e quello a cui assistiamo oggi è la conseguenza delle mie rivelazioni. Hanno dovuto inventare nuovi tipi di armi. Oggi, costruiscono il muro, i check-point, le colonie e hanno fatto in modo di rendere la società ebrea più religiosa, più nazionalista, più razzista. Invece di andare in un'altra direzione, invece di comprendere che esiste anche la soluzione della pace, invece di riconoscere ai palestinesi gli stessi diritti e di porre fine al conflitto. Israele non vuole porre fine al conflitto. Ciò che vuole Israele è continuare a costruire la sua muraglia e le sue colonie.
Silvia Cattori: Lei ha compiuto una vera e propria impresa!
Mordechaï Vanunu: In qualità di essere umano, ho fatto qualcosa per la sicurezza e il rispetto dell'umanità. Ogni paese ha il dovere di rispettarci, tutti, in quanto esseri umani, qualunque sia la nostra fede religiosa, ebrei, cristiani, musulmani, buddisti. Israele ha un grosso problema: non rispetta gli esseri umani. Quello che ha potuto fare, perchè non considera gli esseri umani uguali, è assolutamente terribile. Per l'immagine di Israele, il risultato è devastante; lo Stato di Israele non è in nessun caso una democrazia. Lo Stato di Israele è razzista. Il mondo dovrebbe sapere che Israele mette in pratica una politica di apartheid: se si è ebrei, si ha il diritto di andare dove si vuole e di fare ciò che sembra giusto; se non si è ebrei, non si ha alcun diritto. Questo razzismo è
il vero e proprio problema con quale Israele si confronta. Israele è assolutamente incapace di dimostrare di essere una democrazia. Nessuno può accettare questo Stato razzista: né gli Stati Uniti né l'Europa. Le armi nucleari israeliane, potrebbero, a rigore, accettarle . Ma come potrebbero giustificare questo Stato di apartheid fascista?
Silvia Cattori: Sembra che lei si rifiuti di riconoscere la legittimità di questo Stato?
Mordechaï Vanunu: Certamente. E' quello che ho detto quando sono uscito di prigione: noi non dobbiamo accettare questo Stato ebreo. Lo Stato ebreo di Israele è l'opposto della democrazia; noi abbiamo bisogno di uno Stato per tutti i suoi cittadini, a prescindere dalla fede religiosa. La soluzione è uno Stato unico per tutti i suoi abitanti, di tutte le religioni come succede nelle democrazie quali la Francia o la Svizzera, e non uno Stato solo per gli ebrei. Uno Stato ebreo non ha assolutamente alcun motivo di esistere. Gli ebrei non hanno bisogno di un regime fondamentalista come quello che regna in Iran. Le persone hanno bisogno di una vera e propria democrazia che rispetti gli esseri umani. Oggi, in Medio Oriente abbiamo due Stati fondamentalisti: l'Iran e Israele. Ma in materia di fondamentalismo, Israele è molto in anticipo, anche sull'Iran!
Silvia Cattori: Secondo lei, Israele è, quindi, una grande minaccia più dell'Iran?
Mordechaï Vanunu: Intendiamoci: sappiamo ciò che gli israeliani fanno subire al popolo palestinese da più di cinquanta anni! E' arrivato il momento di ricordarsi dell'olocausto palestinese e di preoccuparsene. I palestinesi hanno sofferto così tanto, e da tantissimo tempo, per questa oppressione. Gli ebrei non li rispettano affatto, non li considerano esseri umani; non riconoscono loro alcun diritto e continuano a perseguitarli, a mettere in pericolo la vita dei palestinesi e, di conseguenza, anche il loro stesso avvenire.
Silvia Cattori: Cosa ha da dire al mio paese, la Svizzera, che è depositaria delle Convenzioni di Ginevra?
Mordechaï Vanunu: La Svizzera dovrebbe condannare chiaramente e ad alta voce la politica razzista di Israele, vale a dire tutte le violazioni dei diritti dei palestinesi, così come dei musulmani e dei cristiani. Ogni paese deve esigere dal governo israeliano che vengano rispettati coloro che non sono ebrei in quanto esseri umani. Di fatto, io non ho il diritto di parlarle, non sono autorizzato a parlare a degli estranei; se lo faccio comunque, è a mio rischio e pericolo. Israele ha utilizzato i risarcimenti dell'Olocausto per fabbricare armi, per distruggere case e beni dei palestinesi. Sarei molto contento se il suo paese mi rilasciasse un passaporto e mi aiutasse a lasciare questo paese, Israele. Qui la vita è molto dura. Se si è ebrei, non si ha alcun problema; se non lo si è (o non lo si è più), si è trattati senza il minimo rispetto.

Note: Silvia Cattori è una giornalista svizzera
Fonte : www.voltairenet.org
Link : http://www.voltairenet.org/article129626.html
14.10.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FLORIANA FIGURA
Testo diffuso dalla Lista_di_Geopolitica@yahoogroups.com
24novembre 2005 9:15 AM
Subject: [Geopolitica] Intervista a Vanunu
Vanunu è fra gli "eroi della pace" in questa pagina web
http://www.peaceheroes.com/list.htm

Unicef: un milione e mezzo di bambini muore ogni anno per diarrea





Ginevra, 14 ott. (Apcom) - Quasi un milione e mezzo di bambini con meno di cinque anni muore ogni anno di diarrea, seconda causa di mortalità infantile dopo la polmonite. E' quanto emerge da un rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (Unicef) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). "Questi dati del 2007 mostrano un'evoluzione ridotta. Ma questa diminuzione è principalmente dovuta al calo della mortalità complessiva dei bambini con meno di cinque anni, che è passata da 10,4 milioni nel 2004 a 8,9 milioni nel 2007", ha spiegato un responsabile dell'Oms, il medico Olivier Fontaine. Nel 2004 il numero di decessi provocati dalla diarrea nei bambini si attestava a quasi due milioni. "Ciò che è inquietante è vedere che le nostre attività di informazione non hanno effetto poiché il contributo relativo della diarrea alla mortalità totale non è cambiato durante questi ultimi anni", ha proseguito Fontaine. Le infezioni diarroiche, diffuse dalle acque sporche, sono all'origine di circa il 18 per cento dei decessi di bambini nel mondo. Inoltre, malgrado gli sforzi compiuti dalle organizzazioni umanitarie, la diarrea resta la seconda causa di morte nei più giovani. Tuttavia "esistono trattamenti efficaci e poco costosi ma, nei Paesi in via di sviluppo, soltanto il 39 per cento dei bambini colpiti da diarrea riceve cure preventive", si è lamentato il direttore generale dell'Unicef, Ann Veneman.

Trasforma il tuo disoccupato in un cadavere

Per la prima volta dal '73 sono stati superati gli obiettivi di nuove reclute
Usa, boom di arruolamenti nell'esercito
La crisi economica e le prospettive dei bonus economici spingono molti giovani americani a imbracciare le armi

dal nostro corrispondente PAOLO VALENTINO



Soldati americani durante un
pattugliamento in Afghanistan (Reuters)

WASHINGTON – La crisi dell’economia sorride all’esercito degli Stati Uniti. La disoccupazione più alta degli ultimi 26 anni spinge ai massimi storici anche i livelli di arruolamento nelle forze militari Usa, che per la prima volta dal 1973, quando fu introdotta la leva volontaria, centrano e superano gli obiettivi annuali del reclutamento. Spinti anche dai sostanziosi incentivi economici concessi dal Pentagono, decine di migliaia di giovani americani hanno scelto d’indossare l’uniforme, nonostante la quasi certezza di partire in guerra.



RECESSIONE E ARRUOLAMENTI - «Siamo andati ben oltre le più ottimistiche attese in tutte le componenti militari, attive e di riserva, superando sia i livelli quantitativi che quelli di qualità», ha detto il sottosegretario alla Difesa, Bill Carr, nel dare l’annuncio. Carr ha ammesso che la recessione e il numero record di disoccupati abbiano fatto da traino principale, ma ha ricordato anche il ruolo della campagna pubblicitaria lanciata dal Pentagono e il sistema dei bonus. In cifre, il Dipartimento della Difesa ha infatti speso in media 10 mila dollari di marketing per ognuno dei quasi 170 mila arruolati di quest’anno. Ogni nuovo soldato ha ricevuto in media una buona-entrata di 14 mila dollari, 2 mila in più del 2008, con i livelli del bonus che variavano di arma in arma: quello più alto lo ha offerto l’esercito, che ha le missioni più rischiose e che ha avuto la parte del leone, arruolando oltre 70 mila volontari.

SORPRESI ANCHE I GENERALI - Il successo della chiamata alle armi ha sorpreso gli stessi generali, che non avevano visto nulla di simile in 35 anni, da quando cioè sull’onda del trauma nazionale provocato dalla guerra del Vietnam, il Congresso aveva abolito il servizio di leva obbligatorio. Ma ancora più importante, per il Pentagono, è che anche la qualità delle reclute sia tornata a migliorare. Negli ultimi anni, infatti, cronicamente in ritardo sugli obiettivi del reclutamento e preoccupata di infoltire i ranghi per reggere l’impegno di due guerre, la Us Army aveva abbassato i requisiti, accettando giovani senza titoli di studio, fisicamente non idonei e perfino con passato criminale. Questo ha esposto il ministero della Difesa a pesanti critiche. Il raccolto del 2009 vede invece il 95% dei reclutati con un diploma di scuola media superiore, contro l‘83% dello scorso anno. L’obiettivo fissato era del 90%. Il numero di dispense per chi aveva trascorsi con la giustizia o test medici insufficienti è sceso del 37%. Anche questi dati qualitativi sono stati pesantemente influenzati dalla recessione economica e dall’alta disoccupazione, ormai quasi vicina al 10%: storicamente, la correlazione è sempre stata fortissima e a ogni aumento del 10% nel numero complessivo dei senza lavoro negli USA, ha corrisposto un incremento del 5% in quello dei giovani diplomati che cercano una prospettiva nei ranghi militari.

STRESS DA MISSIONE - Le buone notizie sul fronte del reclutamento sono ossigeno puro per il complesso militare americano, sottoposto a stress e sovraccarichi di lavoro dal duplice impegno in Iraq e Afghanistan, dove gli Stati Uniti schierano complessivamente 189 mila soldati. L’insufficienza dei reclutamenti negli ultimi anni ha infatti costretto il Pentagono ad allungare i turni di permanenza e rallentare gli avvicendamenti, mentre alcune unità sono state addirittura schierate non al completo dei loro effettivi sulla carta. «Sul piano delle vite private, gli sforzi affrontati dai militari sono tragici, ma lo stato d’animo sta lentamente migliorando», ha detto al Washington Post Michael O’Hanlon, esperto della Brookings Institution.

La pubblicità l'anima del commercio

Roche benefits from Tamiflu sales as Q3 shines

 

By Sam Cage
ZURICH (Reuters) - Roche's (ROG.VX) third-quarter sales rose 10 percent to 12.4 billion Swiss francs ($12.2 billion), helped by its cancer drugs and increased demand for flu medicine Tamiflu due to the H1N1 pandemic.
Sales of Tamiflu outstripped expectations and Roche, which has sealed a $47 billion buyout of U.S. partner Genentech, on Thursday raised its full-year forecast for the drug's sales to 2.7 billion francs.
Roche also nudged up its full-year forecast for its drugs unit, now seeing at least high single-digit sales growth, and confirmed its earnings target.
"Based on the good results for the third quarter, we raised our outlook for the full year," Chief Executive Severin Schwan told reporters.
Hefty drug price increases and windfall sales from H1N1 swine flu have helped Big Pharma to a more successful year than feared, though the sector still has long-term problems such as greater competition for its big-selling drugs and trades at a discount to the wider market.
Two diversified healthcare groups have already demonstrated the sector's mixed prospects this week -- Abbott Laboratories' (ABT.N) profit beat forecasts thanks to its Humira arthritis drug, while sales at rival Johnson & Johnson (JNJ.N) disappointed.
Roche stock was expected to open 1 percent higher, according to pre-market data from bank Clariden Leu.
"Both the pharma and the diagnostics units grew faster than the overall market," analysts at Liechtenstein bank LGT said in a note.
Roche has been trading at a premium to European rivals GlaxoSmithKline (GSK.L), Sanofi-Aventis (SASY.PA), Novartis (NOVN.VX) and AstraZeneca (AZN.L) thanks to its strong position in cancer and biotech drugs and lack of exposure to generic competition.
Sales of Tamiflu, which Roche manufactures under license from Gilead Sciences (GILD.O), more than quadrupled to 2 billion francs in the first nine months. Blockbuster cancer drug Avastin also underpinned growth, with nine-month sales up 26 percent.
Roche continues to pay down the debt from its Genentech buyout, repaying 7 billion francs in the third quarter and committing to more than another 5 billion by mid-2010, and is still screening the market for small and mid-sized buys, Schwan said.
Group sales for the third quarter rose 14 percent when the effect of currency movements was stripped out. It had been expected to post third-quarter sales of 12.2 billion francs, according to a Reuters poll.
It had previously expected full-year pharmaceuticals sales to grow in the high single-digit range this year and 2009 sales of Tamiflu to hit 2 billion francs.
($1=1.017 Swiss francs)
(Editing by Greg Mahlich and Jon Loades-Carter)
 

 

martedì 13 ottobre 2009

Russia: abbiamo esagerato.

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Medvedev l'ha chiamata "un'umiliante dipendenza", e mi ha ricordato per un attimo le famose affermazioni-fotocopia di Bush, anche se il Presidente russo intende ovviamente una dipendenza alla rovescia. Stiamo parlando del petrolio e del gas: e in un discorso davvero clamoroso ieri Medvedev ha dichiarato che la Russia deve uscire dal circolo vizioso che ha portato la sua economia a dipendere quasi totalmente dalle materie prime, che rappresentano il 70% delle esportazioni e il 30% del prodotto interno lordo.
"Tutto andava bene finché il prezzo delle materie prime e del petrolio era alto. Poi il prezzo è crollato, la nostra economia è stata colpita duramente, e i nostri cittadini anche. (...) Devo ammettere che siamo crollati oltre le nostre più pessimistiche aspettative, il danno reale alla nostra economia è stato di gran lunga peggiore di ogni predizione nostra, della Banca Mondiale, e degli altri analisti".
E' dura per un capo di Stato ammettere apertamente una situazione simile, ed è anche molto coraggioso farlo: noi non siamo abituati a sentire simili proclami di fallimento. D'altronde, fa benissimo Medvedev a pensare al futuro: restare vincolati all'esportazione energetica, che durante una crisi economica rende anche meno del dovuto, significa condannare il Paese. E il ricordo del disastro degli anni '90 deve essere ben impresso nelle scioccate menti dei cittadini russi.
L'idea che promuove il governo è allora quella di investire nell'efficienza energetica, nel risparmio energetico, nello sviluppo di energia nucleare, in infrastrutture per l'informazione e per la medicina. Ci vorranno almeno 15 anni.
Sembra più un programma da esaurimento dei pozzi che da crisi economica, ma questo neanche Medvedev avrà il coraggio di ammetterlo.

Fonte

Yes we can

Afghanistan: Obama, si' a 13mila soldati in più

In prevalenza specialisti, ora sono 65mila i militari Usa nel paese

13 ottobre, 13:00
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Barack Obama
Barack Obama

ROMA - Il presidente americano Barack Obama ha autorizzato l'invio in Afghanistan di 13.000 uomini, in gran parte forze di supporto, in aggiunta ai 21.000 il cui impiego era stato annunciato in febbraio subito dopo la sua elezione. Lo scrive il Washington post sul suo sito, citando fonti della difesa che precisano che la decisione non è stata annunciata.
Il quotidiano scrive che si starebbe già procedendo al dispiegamento delle truppe in questione, in prevalenza ingegneri, personale medico, esperti di intelligence e polizia militare. Un responsabile del Pentagono ha detto al Washington Post che "Obama ha dato il via libera all'insieme del pacchetto. Solo l'invio dei 21.000 è stato annunciato". Il quotidiano ricorda comunque che nemmeno durante l'amministrazione Bush veniva annunciato l'invio delle truppe non combattenti. Con l'impiego di questi uomini sale a 34.000 il numero di militari inviati da Obama dal suo insediamento. Secondo un calcolo fatto dal quotidiano, complessivamente il numero dei militari Usa impegnati in Iraq e Afghanistan è superiore al livello massimo raggiunto durante il 'surge' in Iraq deciso dal presidente George W.Bush. Ora in Afghanistan ci sono circa 65.000 soldati e circa 124.000 in Iraq, rispetto ai 26.000 e 160.000 del momento di massimo impegno contro l'insurrezione irachena tra il 2007 e il 2008. Il dibattito di questi giorni a Washington ruota sulla decisione che il presidente dovrà prendere sulla richiesta del generale Stanley McChrystal di inviare altri 40.000 uomini in Afghanistan.

lunedì 12 ottobre 2009

Non solo cattive notizie

Inventore trasforma aria in acqua

Puo' produrre tra i 70 e i 200 litri d'acqua al giorno

09 ottobre, 21:51
(ANSA) - PARIGI, 9 OTT - Un francese e' riuscito a trasformare l'aria in acqua. L'invenzione e' di Marc Parent, 43 anni, piccolo imprenditore di Sainte-Tulle. Consiste in una classica turbina eolica che, pero', in piu', recupera l'umidita' dell'aria, per trasformarla in acqua potabile.

Alcuni filtri trasformano l'acqua dell'aria in acqua potabile. Un semplice rubinetto permette poi di recuperarla. La macchina, secondo l'inventore, puo' produrre tra i 70 ed i 200 litri d'acqua al giorno.

La follia del consumo

Il più grande shopping center del mondo. Vuoto.




chinamall.JPGE' un breve documentario di 13 minuti, prodotto da POV/PBS, che illustra a che livelli di follia è arrivato il mondo. Si tratta del centro commerciale più grande del pianeta, due volte il suo predecessore americano, che si trova in Cina nella città di Dongguan. Il New China Mall ospita 1500 negozi su quasi 700 mila metri quadri, oltre a attrazioni da Luna Park, decine di ristoranti, ed è decorato nello stile dell'architettura delle città europee (canali di Amsterdam e piazza San Marco). Ci sono palme, giardini, parchi, laghi, fontane ed interi palazzi collegati tra loro. Per rendere l'idea, somiglia al quartiere parigino della Defense.
Ed è vuoto. Vuoto.
Il 99% dei negozi non è stato affittato. Vi regna la desolazione assoluta, e la cosa va avanti da quattro anni. 
Si fanno ipotesi per tale insuccesso: la distanza da aeroporti ed autostrade. Oppure la tendenza cinese all'imitazione che stavolta ha fallito, cercando di importare un modello che nella cultura locale non funziona. O ancora, solo l'1% della popolazione cinese potrebbe permettersi lo shopping al mall, e non basta a far vivere un business così faraonico.
Il luogo è talmente surreale e deprimente che solo i turisti stranieri vi si avventurano, a mò di meditazione probabilmente. Mi ha colpito l'enorme spreco di materie prime, dagli ascensori alle scale mobili all'acqua, per tacere di cemento, vetro e acciaio. E lo spreco di risorse: file e file di bulldozer, condizionatori, illuminazione... Un altro monumento alla civiltà del consumo e dello spreco, anzi alla sua fine, chissà.

Fonte

Equal opportunities anche per la carne da macello

Il presidente rassicura la comunità omosessuale: rinnovato impegno
contro la politica discriminatoria del Pentagono. Oggi grande marcia a Washington

Obama promette: "Fine al bando
per i gay dichiarati nell'esercito"



Obama promette: "Fine al bando per i gay dichiarati nell'esercito"WASHINGTON - Il Presidente americano, Barack Obama, ha promesso, come già aveva fatto durante la campagna elettorale, di porre fine al divieto per i gay dichiarati di entrare nelle forze armate. "Sono qui con un messaggio semplice. Sono con voi in questa battaglia: porrò fine alla politica del don't ask, don't tell (non chiedere, non dire nulla, la riforma introdotta nel 1993 da Bill Clinton, ndr), ha dichiarato ieri sera, a una cena per la raccolta di fondi a beneficio dell'organizzazione Human Right Campaign.

"Il mio impegno con voi è fermo, anche se ci troviamo di fronte a problemi enormi (oltre alla questione del reclutamento per i militari, anche quella del matrimonio fra persone dello stesso sesso bandito dal Defence of Marriace Act). Non dubitate della direzione che abbiamo intrapreso e del punto in cui arriveremo. Abbiamo fatto progressi e ne faremo ancora", ha aggiunto Obama che subito dopo la sua vittoria alle elezioni presidenziali aveva promesso di difendere con forza i gay e le lesbiche americane e viene ora criticato da numerosi attivisti gay per non aver dato seguito alle sue promesse.

Il discorso di Obama arriva alla vigilia della National Equality March, che potrebbe portare migliaia di persone sul Mall di Washington con la richiesta di uguali diritti e tutela per gay, lesbiche, bisessuali e transgender in tutte le materie regolate dal codice civile in tutti gli Stati degli Usa.

The Joker, appena insignito del premio Nobel per la pace, mostra ancora la sua umana comprensione nei confronti delle minoranze, e si adopera con tutti i suoi mezzi per consentire agli omosessuali un sano diritto di beccarsi una pallottola in faccia. Gli USA stanno raschiando così il barile delle "risorse" da inviare in guerra. Sarà la leva obbligatoria l'ulteriore passo del pacificatore mondiale?

The Lallix

Evitare legalmente i vaccini




Ad ognuno il suo pensiero.

The Lallix

Eccolo l'evento tanto atteso

Bomba contro caserma a Milano

Attentatore gravemente ferito, militare raggiunto da scheggia

12 ottobre, 09:07

(ANSA) - MILANO, 12 OTT - Un ordigno e' stato lanciato contro la caserma Perrucchetti a Milano. Sono rimasti feriti il presunto attentatore e un militare di guardia.

Secondo una prima ricostruzione delle forze dell'ordine, il civile e' in gravi condizioni, mentre il militare del corpo di guardia, sembra sia stato raggiunto da una scheggia e sarebbe stato medicato sul posto. La caserma non avrebbe riportato danni gravi.


Si l'evento tanto atteso è purtroppo accaduto, così potranno dire che anche noi siamo in guerra, potranno richiedere a gran voce un'ulteriore controllo delle attività di tutti noi, potranno inviare ancora più militari nelle nostre di città, potranno aggrapparsi con più forza alla quotidiana iniezione di paura che ci somministrano attraverso i media per invocare poteri ancora più forti.
L'inizio della fine è qui nell'espansione della paura invece che nel dialogo.


The Lallix

mercoledì 7 ottobre 2009

Cantarell nero su bianco.


Quei bravi ragazzi di Seeking Alpha riepilogano per noi la situazione (tragica davvero) del giacimento gigante di Cantarell nel Messico, il terzo del mondo. Hanno messo a disposizione pubblica un foglio excel in cui seguono l'andamento della produzione. Lo trovate qui: e la scioccante sensazione è che abbiano sbagliato qualcosa, perché contraddice tutte le più ottimistiche previsioni sul declino di un giacimento. E' un range di nemmeno due anni, e se continua così tra un anno è chiuso, finito, kaputt.
Cogliamo l'occasione per ricordare che il Messico è il terzo fornitore di petrolio degli Stati Uniti, che importano oggi circa un milione di barili al giorno dal vicino di casa (quasi 300 mila barili in meno rispetto a un anno fa). Non passerà molto tempo che il Messico dovrà decidere se smettere di esportare o lasciare a secco i propri cittadini. Ne abbiamo parlato moltissimo, qui i vecchi post. Il primo dei quali risale nientemeno che al Dicembre 2005, e si intitolava "Buena noches, Cantarell!".

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STA PER ARRIVARE LA MORTE DEL DOLLARO?




DI ROBERT FISK
independent.co.uk

Quasi a simboleggiare il nuovo ordine mondiale, gli Stati arabi hanno avviato trattative segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare la valuta americana per le transazioni petrolifere.

Mettendo in atto la piu’ radicale trasformazione finanziaria della recente storia del Medio Oriente gli Stati arabi stanno pensando – insieme a Cina, Russia, Giappone e Francia – di abbandonare il dollaro come valuta per il pagamento del petrolio adottando al suo posto un paniere di valute tra cui lo yen giapponese, lo yuan cinese, l’euro, l’oro e una nuova moneta unica prevista per i Paesi aderenti al Consiglio per la cooperazione del Golfo, tra cui Arabia Saudita, Abu Dhabi, Kuwait e Qatar.



Incontri segreti hanno gia’ avuto luogo tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali della Russia, della Cina, del Giappone e del Brasile per mettere a punto il progetto che avra’ come conseguenza il fatto che il prezzo del greggio non sara’ piu’ espresso in dollari.

Il progetto, confermato al nostro giornale da fonti bancarie arabe dei Paesi del Golfo Persico e cinesi di Hong Kong, potrebbe contribuire a spiegare l’improvviso rincaro del prezzo dell’oro, ma preannuncia anche nei prossimi nove anni un esodo senza precedenti dai mercati del dollaro.

Gli americani, che sono al corrente degli incontri – pur non conoscendone i dettagli – sono certi di poter sventare questo intrigo internazionale di cui fanno parte leali alleati come il Giappone e i Paesi del Golfo. Sullo sfondo di questi incontri valutari, Sun Bigan, ex inviato speciale della Cina in Medio Oriente, ha sottolineato il rischio di approfondire le divisioni tra Cina e Stati Uniti in ordine alla loro influenza politica e petrolifera in Medio Oriente. “Le dispute e gli scontri bilaterali sono inevitabili”, ha detto all’Africa and Asia Review. “Non possiamo abbassare la guardia in merito all’ostilita’ che fronteggiamo in Medio Oriente sugli interessi energetici e la sicurezza”.

Questa frase ha tutta l’aria di una previsione pericolosa su una futura guerra economica tra Stati Uniti e Cina per il petrolio mediorientale – con il pericolo di trasformare i conflitti della regione in una lotta di supremazia delle grandi potenze. L’incremento della domanda di petrolio e’ piu’ marcato in Cina che negli Stati Uniti in quanto la crescita cinese e’ meno efficiente sotto il profilo energetico. Abbandonando il dollaro i pagamenti, stando a fonti bancarie cinesi, potrebbero essere effettuati in via transitoria in oro. Una indicazione della gigantesca quantita’ di denaro di cui si parla puo’ essere desunta dalla ricchezza di Abu Dhabi, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar che insieme hanno, stando alle stime, riserve in dollari per 2.100 miliardi.

Il declino della potenza economica americana strettamente connesso all’attuale recessione globale e’ stato riconosciuto dal presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick. “Una delle conseguenze di questa crisi potrebbe essere l’accettazione del fatto che sono cambiati i rapporti di forza economici”, ha detto a Istanbul prima delle riunioni di questa settimana del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Ma e’ stato il nuovo straordinario potere finanziario della Cina – non disgiunto dalla rabbia sia dei Paesi produttori che dei Paesi consumatori di petrolio nei confronti del potere di interferenza degli Stati Uniti nel sistema finanziario internazionale – a stimolare i recenti colloqui con i Paesi del Golfo.

Brasile e India si sono mostrati interessati a far parte di un sistema di pagamenti non piu’ basato sul dollaro. Allo stato la Cina appare la piu’ entusiasta tra le potenze finanziarie, non fosse altro che per il suo gigantesco interscambio commerciale con il Medio Oriente.

La Cina importa il 60% del petrolio che consuma, per lo piu’ dal Medio Oriente e dalla Russia. I cinesi hanno concessioni petrolifere in Iraq – bloccate fino a quest’anno dagli Stati Uniti – e dal 2008 hanno un accordo da 8 miliardi di dollari con l’Iran per lo sviluppo delle capacita’ di raffinazione e delle risorse di gas. La Cina ha contratti petroliferi in Sudan (dove ha sostituito gli Stati Uniti) e da tempo sta negoziando concessioni petrolifere in Libia dove tradizionalmente questo genere di accordi e’ del tipo joint venture.

Inoltre le esportazioni cinesi verso la regione ammontano ora a non meno del 10% delle importazioni di tutti i Paesi del Medio Oriente e includono una vasta gamma di prodotti che vanno dalle automobili agli armamenti, ai generi alimentari, al vestiario e persino alle bambole. Riconoscendo esplicitamente il crescente peso finanziario della Cina, il presidente della Banca Centrale Europea, Jean-Claude Trichet, ha chiesto l’altro ieri a Pechino di consentire alla yuan di apprezzarsi sul dollaro e, di conseguenza, di diminuire la dipendenza della Cina dalla politica monetaria americana contribuendo cosi’ a riequilibrare l’economia mondiale e ad alleggerire la pressione al rialzo sull’euro.

Dagli accordi di Bretton Woods – gli accordi conclusi dopo la seconda guerra mondiale che ci hanno tramandato l’architettura del moderno sistema finanziario internazionale – i partner commerciali degli Stati Uniti hanno dovuto affrontare le conseguenze della posizione di controllo di Washington e, negli anni piu’ recenti, dell’egemonia del dollaro in quanto principale valuta di riserva.

I cinesi credono, ad esempio, che siano stati gli americani a convincere la Gran Bretagna a non entrare nell’euro per impedire una fuga dal dollaro. Ma secondo le fonti bancarie cinesi i colloqui sono andati troppo avanti per poter essere bloccati. “Non e’ da escludere che nel paniere delle monete entri anche il rublo”, ha detto un importante broker di Hong Kong all’Indipendent. “La Gran Bretagna e’ presa in mezzo e finira’ per entrare nell’euro. Non ha scelta in quanto non potra’ piu’ usare il dollaro americano”.

Le fonti finanziarie cinesi sono convinte che il presidente Barack Obama sia troppo occupato a rimettere in piedi l’economia americana per concentrarsi sulle straordinarie implicazioni della transizione dal dollaro ad altre valute nel volgere di nove anni. Al momento la data fissata per l’abbandono del dollaro e’ il 2018.

Gli Stati Uniti hanno fatto appena cenno a questo problema in occasione del G20 di Pittsburgh. Il governatore della Banca centrale cinese e altri funzionari da anni sono preoccupati per la situazione del dollaro e non ne fanno mistero. Il loro problema e’ che gran parte della ricchezza nazionale e’ in dollari.

“Questi progetti cambieranno il volto delle transazioni finanziarie internazionali”, ha detto un banchiere cinese. “Stati Uniti e Gran Bretagna debbono essere molto preoccupati. Vi accorgerete di quanto sono preoccupati dalla pioggia di smentite che questa notizia scatenera’”.

Alla fine del mese scorso l’Iran ha annunciato che le sue riserve in valuta estera saranno in futuro in euro e non in dollari. I banchieri ricordano, naturalmente, quanto e’ capitato all’ultimo Paese produttore di petrolio del Medio Oriente che ha tentato di vendere il petrolio in euro e non in dollari. Pochi mesi dopo che Saddam Hussein aveva comunicato la sua decisione ai quattro venti, gli americani e gli inglesi hanno invaso l’Iraq.

Versione originale:

Robert Fisk
Fonte: www.independent.co.uk
Link: http://www.independent.co.uk/news/business/news/the-demise-of-the-dollar-1798175.html
6.10.2009

Versione italiana:

Fonte: www.unita.it/
Link: http://www.unita.it/news/il_documento/89415/sta_per_arrivare_la_morte...
6.10.2009

Traduzione a cura di Carlo Antonio Biscotto
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