martedì 6 ottobre 2009

Barile: non più in dollari?

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La notizia è stata segnalata dai competentissimi lettori. Non ne avrei neppure scritto, prendendola come uno dei tanti "al lupo, al lupo!" complottisti che nel corso degli anni abbiamo visto minacciare mille volte e mai realizzarsi. Sì, perché proprio di complotto si tratta: ma stavolta a riferirne è l'Independent e il giornalista nientemeno che Robert Fisk, quindi bisogna prenderlo sul serio per forza.
Dice Fisk: Gli Stati Arabi stanno inaugurando mosse segrete con Cina, Russia e Francia per smettere di usare il dollaro come moneta di riferimento per il petrolio.(...) Incontri segreti sono stati già tenuti con i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali di Russia, Cina, Giappone e Brasile per lavorare su uno schema secondo cui il petrolio non sarà più prezzato in dollari.
Le fonti sono quelle bancarie degli Stati coinvolti, dice Fisk. Niente a che vedere, a quanto sembra, con le solite voci delle Borse iraniane o i proclami di Chavez: stavolta si fa sul serio. E le ripetute insinuazioni da parte di Pietro Cambi su Crisis (ovvero che tutti scappino dal dollaro), che persino a me coblogger sembravano un tantino azzardate, cominciano a sapere proprio di verità. Cassandre.
Sempre secondo l'articolo, ci si muoverà verso un paniere di valute che includerà anche l'oro. Questo forse spiega il vertiginoso aumento di prezzo degli ultimi mesi, e anche che probabilmente assisteremo ad una miracolosa conversione all'euro della Gran Bretagna. La transizione dal dollaro è pianificata in nove anni, entro il 2018, e fonti cinesi confidano nell'impegno dell'Amministrazione americana con la crisi economica per garantirsi la tranquillità dell'impresa.
Non è facile immaginare le conseguenze di tutto ciò, talmente appaiono enormi e di portata epocale. Ad esempio, è possibile che il prezzo del petrolio per gli USA aumenti in modo vertiginoso. E' probabile poi che gli stati produttori, non più inondati a forza di dollari, smettano (finalmente, dal loro punto di vista) di comprare asset finanziari americani e rivolgano altrove gli investimenti dei proventi petroliferi. La Cina probabilmente li aspetta a braccia aperte, e infatti si percepisce benissimo come la Repubblica Popolare sia in prima fila nell'operazione.
Non c'è da stupirsi che il Dalai Lama resti in anticamera. 

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