martedì 1 settembre 2009

DRAGHI DI CARTA!


 
Ormai chiunque abbia solcato gli oceani finanziari ed economici in compagnia di Icebergfinanza in questi mesi, sa che la nostra stella polare è la storia, una storia che non si ripete secondo alcuni, ma che spesso si diverte a fare rima.
Mark Twain amava ricordare che la gente di solito usa le statistiche come un ubriaco i lampioni: più per sostegno che per illuminazione. Io ribadisco che le mie analisi e le mie sensazioni propendono sempre più per un recupero esclusivamente statistico dell'economia, un'economia che guarda sempre più ai paesi asitici ed in particolare alla Cina.
" China today is where Japan was in the late '80s, except with the greater political instability that comes with a semi-controlled economy and the lack of a social safety net (read: jobless, hungry people don't write angry letters, they riot)…Today China projects to the world a similar image as Japan did in the 1980s… (seekingalpha)
Certo, perchè no, oggi la Cina assomiglia al Giappone della fine anni '80, eccetto una grande istabilità politica che proviene da un semi controllato sistema economico e dalla mancanza di una rete di protezione sociale. Oggi agli occhi del mondo, la Cina appare un po come l'immagine del Giappone degli anni '80. Ultimamente la Cina ci ha impressionato con la sua crescita, ma la sua struttura economica, non è superiore a quella occidentale, i cinesi possono "manovrare" i numeri del PIL e controllare la loro economia in modo più efficace attraverso il prestito forzato e la spesa.
Nei primi 6 mesi del 2009 le banche hanno erogato finanziamenti per oltre 1000 miliardi di dollari Usa. Pare che buona parte della somma sia stata usata per pure operazioni speculative. Ora Pechino sembra voler porre un limite al fenomeno. I possibili contraccolpi. 
Shanghai (AsiaNews/Agenzie) – La Cina vuole diminuire l’erogazione di finanziamenti che le banche hanno concesso con larghezza negli ultimi mesi. Esperti osservano che la gran mole di prestiti rischia di aver creato una bolla speculativa e discutono le possibili conseguenze sull’economia.
Stime ufficiali indicano che le banche hanno concesso finanziamenti eccedenti i 1000 miliardi di dollari nei primi 6 mesi del 2009. Questo flusso continuo di liquidità ha certo aiutato l’economia in crisi, ma è sempre più pressante la domanda su quale parte di questi finanziamenti rischi di non essere recuperabile e quali possano essere le conseguenze per le banche.
Secondo fonti dell’agenzia Bloomberg, il 19 agosto la China Banking Regulatory Commission ha informato le banche che sono all'esame nuove regole, che richiederanno loro di dedurre tutti i pacchetti di debiti subordinati e ibridi ceduti da altri enti finanziatori a partire dal loro patrimonio supplementare. Queste regole vogliono consentire di verificare se le banche rispettano il prescritto rapporto tra capitale effettivo e prestiti erogati. Come risultato, esperti ritengono che parecchi istituti di credito dovranno diminuire il flusso dei prestiti. Le banche hanno tempo solo fino al 25 agosto per le loro deduzioni.
Le banche cinesi nel 2009 hanno già operato cessioni di crediti, garantiti da terzi, per 236,7 miliardi di yuan (circa 23,6 miliardi di euro), 3 volte di più che nell’intero 2008. Le autorità di controllo stimano che una buona metà di questi titoli siano crediti incrociati, garantiti dalle stesse banche che li scambiano tra loro e che così creano una parvenza di ricchezza in realtà esistente solo sulla carta. Pare che Pechino voglia limitare l’utilizzo di questo espediente adoperato dalle banche per aumentare in modo artificioso la loro ricchezza e, quindi, l’entità dei finanziamenti erogabili. Come conseguenza, si prevede che molte banche cinesi dovranno reperire nuovo capitale o, con più probabilità, ridurre l’utilizzo di questi crediti incrociati, magari operando compensazioni reciproche.
Secondo Wei Jianing, vicedirettore del Centro Ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato, citato dal China Business News, già nei primi 5 mesi del 2009 circa 1160 miliardi di yuan dei finanziamenti così erogati sono stati impiegati nell’acquisto di azioni. Ovvero in un puro fenomeno speculativo, del tutto avulso dalle ragioni del finanziamento e peraltro comportante un alto rischio, collegato alla volatilità del mercato azionario.
Questo flusso di liquidità ha fatto crescere il valore della borsa di Shanghai di circa il doppio dal gennaio al 4 agosto 2009, dopo che nel 2008 era diminuita del 65%. Ma dal 4 al 19 agosto Shanghai ha perso il 19,8%, prima di recuperare oltre il 5% tra ieri e oggi (+1,7% oggi).
Esperti osservano che si è così creata una vera bolla speculativa, molto vulnerabile perché in parte fondata su investimenti volatili e poco prevedibili come il mercato azionario. Essi si interrogano riguardo all’effettività dell’affermata ripresa dell’economia cinese (+7,9% nel secondo trimestre 2009, secondi i dati ufficiali). Alcuni osservano che le esportazioni cinesi hanno avuto una ripresa parziale verso gli altri Paesi asiatici, ma rimangono a bassi livelli verso Stati Uniti ed Europa, e che i consumi interni non mostrano grandi incrementi, mentre il recente aumento dei prezzi di petrolio e metalli non può che avere effetti negativi sulla produzione. Da ciò si ipotizza che tale ripresa sia in buona parte esito della massiccia liquidità immessa nel mercato, che, tuttavia, deve sfociare in una reale maggiore produzione, per essere proficua. Viene pure rilevato che gli investimenti fissi esteri hanno avuto, invece, una progressiva contrazione durante l’intero 2009. ( ASIANEWS )
Tuttavia questi vantaggi di breve termine, richiederanno un prezzo a lungo termine.
Ora non vorrei anticipare la parte del mio libro dedicata all'ormai leggendario decennio perduto, ma tra le righe riconoscerete senza ombra di dubbio la "sinistra similitudine" tra la grande bolla cinese e quella giapponese.
Inutile che vi ricordi il significato della parola "jusen" sorella gemella della parola "subprime", ma ogni giorno che passa guardo alla Cina e mi interrogo su quella che sarà la terza parola magica della grande bolla immobiliare cinese.
Negli ultimi giorni, violenti sciami sismici riportano alla realtà la grande speculazione giapponese, stendendo ombre inquitanti anche su mercati occidentali.
“ Nella primavera del 1984 le autorità giapponesi consentirono alle banche straniere di operare sulle obbligazioni pubbliche giapponesi e di entrare nel settore del credito bancario. Contemporaneamente furono rimossi i controlli sugli scambi azionari stranieri. (…) Queste riforme ebbero l’effetto di riempire rapidamente i mercati di capitali giapponesi con i detriti della rivoluzione finanziaria. Anche i derivati finanziari arrivarono a Tokyo con l’apertura del mercato dei future sulle obbligazioni giapponesi e le azioni. “ ( Edward Chancellor ) 
Fu cosi che, all’improvviso, il Giappone conobbe l’onda speculativa che ogni innovazione porta con se, zaitech, questo era il nome della nuova ingegneria finanziaria.  
Parallelamente all’ingegneria finanziaria, non poteva non svilupparsi anche una sorta di gigantesca bolla dei terreni e nell’immobiliare.....
Ebbene mi fermo qui perchè da qualche giorno continuano a fischiarmi le orecchie, si è la brezza della Storia che ritorna implacabile, anche se la Cina oggi è un pò come la terra della nebbia eterna, chi sa quale è in realtà, la situazione reale del paese.
Certo è quella che ci raccontano le statistiche, quelle che gli astemi utilizzano per illuminazione, lucciole per lanterne, ma come dice il nostro amico Gianluca Bocchi.....
....in parole semplici non credo che si possa analizzare questa crisi usando gli stessi parametri del recente passato, nè utilizzando quali fonti informative e formative la televisione o le dichiarazioni dei politici. Dobbiamo provare a spremere i nostri cervelli.
Gianluca ha perfettamente ragione, dobbiamo far lavorare la nostra consapevolezza, al di la dell'acquario che ci tiene prigionieri, per esplorare nuovi orizzonti, per cercare di comprendere la realtà anche se è diversa da quella che è la nostra effettiva percezione.
Provate a dare un'occhiata alla creatività contabile cinese espressa in Chinas-artificial-growth-is-creating-an-energy-and-industrial-stock-bubble-2009.
Gianluca inoltre ci ha segnalato questo post apparso alcuni giorni fa su REPUBBLICA, La Cina scopre la disoccupazione venti milioni tornano nelle campagne, un'analisi dal corrispondente a Pechino, Giampaolo Visetti, uno che si è sempre " scottato " le mani per scendere negli inferni globali, un uomo che ....
...... possiede un registro unico, fedele alla sua visione del mondo in cui le persone violate, gli sconfitti e gli emarginati sono i soli che «possono avvicinarci alla verità»: dal bambino allevato dai cani nella sconfinata periferia moscovita, ai morti e ai sopravvissuti all’assalto alla scuola di Beslan, dalla famiglia che ha deciso di tornare a vivere a Chernobyl, alla cuoca sudafricana vittima del «nuovo apartheid», fino al popolo inuit che si sta lasciando morire tra i ghiacci. Storie di questo nostro mondo, storie di persone che non hanno mai ricevuto una carezza.
PECHINO - Il primo a vedere la fessura nella diga occupazionale cinese è stato Jin Jiangbo. Ha 36 anni. Non è un economista. Fa il fotografo. Un anno fa, quando ancora Pechino macinava record produttivi, è sceso lungo il delta del fiume delle Perle. Nel Guadong, epicentro mondiale delle esportazioni, ha ripreso fabbriche chiuse, dormitori vuoti, capannoni abbandonati. Un deserto sconosciuto, che lui stesso non capiva. Le sue immagini, all'inizio, sono state censurate. Un anno dopo, ora che la crisi dell'Occidente è maturata anche ad Oriente, quegli scatti profetici sono diventati il simbolo della Cina. Il Paese che produce tutto, a sessant'anni dalla rivoluzione comunista, è minato dalla prima, grande crisi del suo capitalismo.

Un esercito di nuovi disoccupati, in fuga dalle città costiere dove stanno chiudendo fino a sette aziende su dieci, torna nei villaggi contadini lasciati negli ultimi vent'anni. Per la terza economia del mondo, che ha appena annunciato il prossimo sorpasso sul Giappone, è uno choc. Oltre venti milioni di ex contadini, emigrati e trasformati in operai, rientrano in famiglia. Il controesodo dei nuovi disoccupati, vittime del più impressionante boom industriale della storia, cambia anche il profilo del paesaggio.

Si spopolano, e cadono in rovina, avveniristiche e sconfinate periferie urbane, appena costruite. Le campagne antiche dell'interno, rimaste prive di servizi, popolate di vecchi, scoppiano e si gonfiano di baracche. I dati ufficiali fissano la disoccupazione al 4,1%. Gli esperti spostano però il livello reale poco sotto il 20. Dietro il cortocircuito cinese, la recessione in America ed Europa. Le esportazioni, a luglio, sono calate del 22,9%. Le importazioni segnano un meno 14,9%. Migliaia di aziende dipendono dall'export fino all'80%. Su 6 milioni di nuovi laureati, 3 milioni sono senza lavoro.


I 586 miliardi stanziati dal governo sostengono credito e investimenti. Non bastano però per arrestare i licenziamenti. Nelle fabbriche, in questi giorni, si attendevano gli ordini per i regali di Natale di tutto il mondo. L'ultima spiaggia del 2009: giocattoli, hi-tech, moda. Invece niente. Il consumatore globale aspetta e l'ex coltivatore di riso cinese, che nel frattempo ha ceduto la sua terra, perde il posto. Gli specialisti di flussi migratori si dicono certi: nel sudest asiatico, ma anche in Europa e Africa, con l'autunno la Cina non spedirà merce, ma nuovamente braccia.

Nessuno, tra Shanghai e Shenzhen, era preparato a contrastare i tagli delle imprese, privatizzate per il 95% in trent'anni. Le conseguenze sono drammatiche. Milioni di persone, che hanno perso tutto, coprono due o tremila chilometri per rientrare, da sconfitti, in irriconoscibili luoghi d'origine. Nelle fabbriche la tensione sale. Senza straordinari, la paga crolla da 250 a 40 euro al mese. Gli operai non riescono più a spedire soldi a casa, o a pagare gli studi ai figli. Gli anziani, privi di pensione e assistenza medica, perdono la sola fonte per la sussistenza.

Entro il 2030, secondo le proiezioni, 320 milioni di ultra sessantacinquenni faranno saltare il nascente welfare made in China. Chiamata dagli Usa a "salvare il mondo", questa nuova Cina dominante inizia così a temere di non riuscire a salvare nemmeno se stessa. Centinaia di sommosse, sfociate in conflitti e omicidi, hanno sconvolto nelle ultime settimane la vita delle aziende. I manager, che fino all'ultimo tacciono fallimenti o fusioni, scelgono la notte per scappare.

Per conservare il posto, o per ottenerne uno, i lavoratori sono costretti a pagare i dirigenti che restano. Le assunzioni, ha rivelato ieri il governativo China Daily preannunciando arresti, finiscono anche all'asta per 10 mila yuan. In alcuni casi le imprese chiedono "anticipi retributivi" ai dipendenti, con la promessa di restituirli entro quattro anni. Nelle università, comprese quelle di Pechino, migliaia di laureandi fingono di essere stati assunti per poter discutere la tesi e non essere retrocessi in atenei di provincia. L'ordine del governo è perentorio: le previsioni occupazionali, assai ottimistiche, devono avverarsi.

Tra allievi e professori, da gennaio, si registra un boom di suicidi. Liu Wei, laureanda in informatica nello Hebei, ha lasciato un diario. La sua testimonianza, diffusa in internet, è diventata lo specchio del dramma nascosto dalle autorità. "Mi vergogno - si legge - perché i miei hanno fatto grandi sacrifici per non ridurmi a seguire la loro fine. Ora non possono più pagare la mia retta e io non troverò un lavoro per mantenerli". Si è uccisa per 70 euro al mese.

Milioni di falsi contratti sarebbero stati scritti con la complicità dei dirigenti comunisti di numerose province. Secondo il partito centrale, la crescita cinese resta all'8%, la produzione industriale di luglio segna un più 11% e l'occupazione nel primo semestre 2009 avrebbe segnato un più 0,13%. Nessuno si fida più di nessuno. La popolazione assiste infatti alla rotta di quella che stava diventando la classe media e al ritorno nel Medioevo agricolo della metropolitanizzata "generazione Ikea".

"Non sorprende - dice il Tao Li, docente alla School of Business di Shenzhen - che i dati ufficiali sulla disoccupazione siano ampiamente sottovalutati. Chi perde il lavoro si registra solo per ottenere sussidi pubblici. Ma questi sono limitati, o soggetti a corruzione e clientele politiche. I disoccupati-fantasma sono l'effetto della nuova sfiducia interna cinese". L'incertezza taciuta, del resto, è chiara. Milioni di cause per insolvenza assediano i tribunali. Le banche faticano a recuperare i crediti per immobili e arredi a basso costo. I venti milioni di "nuovi disoccupati cinesi made in Usa" si sommano ai 140 milioni di migranti che lavorano spostandosi di provincia in provincia. Il consumo di energia industriale, in sei mesi, è diminuito del 48%.

Anche nella capitale la spesa alimentare, da gennaio, è stata tagliata del 32%. Lo stesso Global Times, voce indiretta del partito comunista, ha riferito ieri che la gente ha reagito "con ironia" alla notizia che i salari urbani sarebbero cresciuti del 13%, fino a 2142 dollari al mese. Alti funzionari pubblici, coperti dall'anonimato, riferiscono di un governo "in forte fibrillazione". Le ondate di disoccupati, per la prima volta, scuotono il potere. Da settimane seminano insoddisfazione e rabbia nella pancia della nazione.

Alla vigilia del sessantesimo anniversario dalla rivoluzione di Mao, il primo ottobre, Pechino teme che le sommosse davanti ai cancelli chiusi si saldino con le rivolte etniche finora represse nel sangue. I nuovi disoccupati dello Guangdong, fanno però più paura di uiguri e tibetani. Gli "incidenti di massa", in un anno, sono stati oltre 80 mila.

Da minoranza, gli ex operai possono infatti diventare maggioranza e incrinare il trionfante nazionalismo capitalista degli han. Con i colletti bianchi rispediti nei campi, gli intellettuali appesi a "rimborsi spese" a termine, i braccianti affamati dal crollo dei prezzi e i separatisti sempre più infiltrati dall'integralismo religioso, possono formare un blocco sociale difficile da contrastare. "E' il lavoro - dice Shi Xiao, direttore dell'Osservatorio sociale di Shanghai - il vero nervo scoperto di questo potere. Ha puntato tutto sul denaro, facendo dimenticare al Paese i suoi diritti. Se fallisce sull'occupazione, il partito potrebbe presto sentirsi rivolgere domande sulla democrazia".

Preoccupato da ogni forma di contestazione, il generale Meng Guoping ha annunciato un piano per "gestire in modo più efficace sommosse, emergenze e scontri etnici". E' il primo, a 82 anni dalla fondazione dell'Armata popolare di liberazione. "Viene presentato come lotta al terrorismo - dice l'economista Eric Fishwick - ma la cerchia del presidente Hu Jintao pensa a come gestire i milioni di cinesi che stanno perdendo tutto".

Pechino sa che "il futuro è incerto" e che l'economia finanziaria è sfuggita anche dalle sue mani. Per ordine dell'Ufficio nazionale delle statistiche, garante estremo della crescita cinese, si rifugia così nella tradizione poetica. "Sono fiero di essere un mattone nell'edificio occupazionale della repubblica", ha scritto ieri Guo Zhenglan, licenziato di Changping, aderendo alla "campagna di Stato per il lavoro". L'ha superato Yan Qiao, che fino a giugno costruiva sfere con la neve finta per il mercato europeo.
"Grazie alla statistica - ha dichiarato - posso riordinare le mie stelle nel cielo della fabbrica".
Certo grazie alla statistica, milioni di esseri umani stanno raccogliendo migliaia di stelle, nelle stalle della loro realtà, nel cielo della loro sofferenza, grazie alla statistica e a magici numeri del PIL avremo la nuova crescita infinita, che tanto amiamo ricordare tra le pagine dei giornali e nelle notizie del piccolo, grande schermo.
Si speculazione, il branco selvaggio del capitalismo odierno, quelli che stanno sempre sotto gli elicotteri delle banche centrali, quelli che fanno girare la loro economia, speculazione giapponese ieri, americana oggi e chissà cinese domani, un denominatore comune che la storia continua a sussurrare in una nemesi infinita.
Il 20 maggio Fitch si domandava in un report se non fosse strano questa accelerazione della speculazione legata al credito facile esponenziale, mentre i profitti delle imprese cinesi si stanno restringendo.
Ecco in anteprima un passo del mio libro.....
Sembra, che più della metà dei profitti delle maggiori imprese giapponesi, derivasse dalla speculazione, mentre i profitti delle attività produttive stavano calando; una sorta di economia cattiva che scaccia quella buona.
....di solito sostiene Fitch, la caduta dei profitti è associata ad una sorta di rarefazione del credito, ma in Cina evidentemente avviene il contrario.
No nessuna sorpresa, ciò avvenne anche in Giappone e alcune migliaia di mutuatari faranno fatica a ripagare i loro debiti.
La tabella qui sotto riporta la realtà cinese......non credo vi sia bisogno di riportare quella giapponese e americana, ormai le abbiamo viste mille volte insieme.

“Examining, first, the track of Chinese bank lending and, second, the trend in Chinese nonperforming loans, the seasoned reader will remember … Drexel Burnham Lambert.
Nella seconda metà degli anni '80, il mercato americano dei junk bond, titoli spazzatura combinò un crescita esponenziale esplosiva con un tasso di default pressoche disattivato.
The secret, fully revealed during the subsequent bear market, was that the default rates were a direct product of the issuance rates.
Il segreto pienamente rivelato nel corso del successivo mercato orso è che i tassi di default sono la diretta conseguenza dei tassi di emissione.
Come ricorda Katsenelson, sin dal 2005 la Cina ha generato il 73 % della crescita mondiale del petrolio e il 77 % della crescita di consumo del carbone, il propulsore principe della crescita mondiale, basato in via quasi esclusiva sul debito e quindi insostenibile, nessuno a visto all'orizzonte l'uragano della Lost Decade, nessuno ha scorto l'uragano della Grande Recessione americana, chissà se qualcuno riuscirà ad intravvedere quello cinese, forse il più colossale di tutti.

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Postato da: icebergfinanza a settembre 01, 2009 01:40 | link |

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