martedì 8 settembre 2009

USA. Il picco del consumo, e quello... delle raffinerie.
Pubblicato da Debora Billi alle 12:25 in Post peak

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Molte volte abbiamo segnalato qui come ci sia nel mondo un sostanziale problema di raffinazione. A partire da Paesi insospettabili, quali l'Iran costretto ad importare prodotti raffinati, o gli Stati Uniti che importano benzina dall'Europa. Le raffinerie americane, ormai obsolete, non riescono in molti casi a lavorare il petrolio "pesante" che sta invadendo il mercato, e nessuno ha intenzione di investire in nuove raffinerie, per ovvi motivi: con un rientro dell'investimento circa ventennale, chi garantisce che ci sarà ancora abbastanza petrolio tra vent'anni? (Ho sempre pensato che questa situazione delle raffinerie sia una delle "pistole fumanti" per il peak oil, guardando "dove vanno i soldi" si capiscono molti retroscena).
Il Wall Street Journal ha dato il colpo di grazia alle residue speranze che si potevano coltivare in fatto di investimenti sugli impianti di raffinazione, titolando "Le raffinerie potrebbero non veder ritornare mai più i bei tempi andati".
Quando finirà la recessione, e se i prezzi della benzina non crollano, vedremo di nuovo i consumatori fare la fila per comprare i SUV e i V8? Non ci scommettete.
Il picco dei consumi di benzina USA pare oramai alle spalle, con 400 milioni di galloni (circa un miliardo e mezzo di litri) acquistati nell'estate del 2007. Da allora, le raffinerie hanno perso i 3/4 del loro valore di mercato, e i consumi di carburanti hanno continuato a scendere. I motivi sono molteplici: dalle nuovi leggi più restrittive sui consumi delle auto, agli stimoli per acquistare auto efficienti, all'aumento del costo alla pompa, alla minor disponibilità economica dovuta alla crisi che restringe l'uso dell'auto ai viaggi indispensabili.

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