mercoledì 16 settembre 2009

LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1873: TRACCE SULLA SPIAGGIA

LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1873: TRACCE SULLA SPIAGGIA

Secondo quanto scritto su WIKIPEDIA la  crisi economica del 1873-1896, indicata come Grande depressione, ebbe inizio dopo oltre trent'anni di incessante crescita economica. Il mondo conobbe una crisi agraria, cui si aggiunse una parallela crisi industriale.
(...)  Alcuni studiosi di storia economica affermano che la Grande Depressione era in realtà una fase deflazionistica e non un periodo di caduta della produzione e del PIL. La tesi sulla deflazione porta a sostenere che la Grande Depressione non era per nulla una depressione, perché la produzione e il PIL reale crescevano durante tutto il periodo (vedi la tabella sotto). La confusione proviene dal fatto che i prezzi erano in calo. La deflazione era dovuta alla grande produttività industriale e ad una moneta sana e onesta (regime monetario coperto da oro e/o argento).
Ecco quindi che come vedremo tra breve, la prima Grande Depressione produsse una sorta di "deflazione positiva, buona" ovvero una caduta dei prezzi non originata da un eccesso di produzione ma dall'aumento della produttività, da un aumento della concorrenza.
Nell'anniversario del fallimento della Lehman Brothers ecco quindi un'uteriore impronta della storia in questo passo:
(...)La crisi ebbe inizio dopo il fallimento della grande banca newyorkese di Jay Cooke la quale diede il via ad un'ondata di panico che si diffuse nell'economia americana e poi in tutti gli altri paesi industrializzati. Nel giro di pochi mesi la produzione industriale degli Stati Uniti cadde di un terzo per la mancanza di acquirenti mentre aumentava a dismisura la disoccupazione. (...)
La crisi si manifestò come una forte eccedenza di offerta sulla domanda; le industrie cioè producevano molto più di quanto il mercato potesse assorbire sotto forma di consumi. Era la prima manifestazione di una crisi economica moderna.(...)
Oggi vi sono delle differenze sostanziali rispetto a quel periodo, questa crisi proviene da una crescita economica degli ultimi anni stimolata dalle bolle dell'ideologia monetarista, che ha prodotto un boom immobiliare insostenibile, che a sua volta ha lasciato come risultato, la più imponente depressione immobiliare della storia.
Senza questo boom indotto in maniera quasi scientifica, nessuna crescita di rilievo avrebbe accompagnato un sistema economico basato sul circolo virtuoso/vizioso Cina-Usa-Cina, crescita sostanzialmente figlia del debito esponenziale, a sua volta prodotto dal boom immobiliare.

(...) In un articolo del New York Times del 2006, Charles R. Morris affermò che la "Grande Depressione" era in realtà un periodo di grande crescita economica, ma al tempo molti americani erano confusi a causa della diminuzione dei prezzi e dell'incremento delle disuguaglianze reddituali, risultanti da un aumento degli standard di vita degli americani più benestanti a ritmi più elevati rispetto alle comunque migliorate condizione di vita del resto della popolazione. Nytimes
Come nella Grande Depressione del '29 e quella che si continua a chiamare Grande Recessione, la Depressione di fine secolo diciannovesimo vide un'esplosione delle disuguaglianze in termine di redditi, alle quali aggiungerei un'imponente trasferimento di patrimoni e profitti.
Alcuni giorni fa, sul SOLE24ORE è apparso un pezzo che riprende il filone delle lezioni dal passato, .... Per battere la crisi imitate Rockefeller nel crack del 1873 di Marco Fortis:
Nell'ottobre dello scorso anno, durante i giorni di panico seguiti al crollo di Wall Street, lo storico americano dell'Ottocento e della guerra di secessione Scott Reynolds Nelson, del College of William and Mary di Williamsburgh ( Virginia), conobbe un momento di particolare notorietà. Infatti, pubblicò sulla rivista "The Chronicle of Higher Education" un articolo in cui paragonava la recessione globale che allora stava iniziando non al 1929, cioè al più noto paradigma di tutte le crisi economiche, bensì alla grande depressione del 1873.
I compagni di viaggio di Icebergfinanza conoscono l'importanza della storia e come abbiamo appena visto in MinskyMoment Hyman Minsky e Irving Fisher con la sua "DebtDeflation" sono stelle polari che ci hanno aiutato a comprendere i meccanismi di questa crisi, prima di molti altri.
L'attenzione dei media (l'articolo fu tradotto in molte lingue e variamente commentato) verso questo raffronto storico è poi scemata sotto l'incalzare degli avvenimenti, ma vale la pena oggi di rivisitare le argomentazioni di Nelson, perché quando una crisi ha una portata come quella attuale i paralleli storici sono necessari. E anche chi non è storico di professione e quindi ha una visione parziale degli eventi può dare un contributo per stimolare il dibattito.

Il calo degli indicatori economici durante il primo anno dell'attuale recessione ha toccato intensità indubbiamente simili a quelle registrate nella prima fase dellacrisi del '29 ma, a parte altre analogie marginali, il paragone si ferma qui. Nel 1873, invece, gli indicatori macroeconomiciallora esistenti non registrarono una caduta analoga a quella odierna e di ottanta anni fa. Infatti, il numero di paesi che accusarono diminuzioni del prodotto interno lordo nel 1873 e negli anni successivi fu abbastanza limitato. Tuttavia quella crisi fu avvertita pesantemente dalle borse ed ebbe conseguenze profonde e durature sulle economie, determinando un lungo strascico di problemi in molti settori produttivi, nell'occupazione e nel commercio internazionale.

Le cause che determinarono la depressione del 1873 furono in effetti assai simili a quelle che hanno provocato la crisi odierna, mentre il crack del '29 originò principalmente da altri fattori, come la sovrapproduzione di beni di consumo in America e la conseguente crisi bancaria e azionaria, senza dimenticare il fatto che l'Europa era nel '29 profondamente divisa e debole, con la Germania ancora afflitta dalle difficoltà conseguenti al pagamento dei debiti della prima guerra mondiale. La crisi del '29,inoltre,non fu assolutamente causata da un eccesso di debiti delle famiglie per i mutui sulla casa e il credito al consumo, come è avvenuto stavolta negli Stati Uniti e in molti altri paesi.

Peccato davvero che Fortis non abbia letto le memorie di MARRINER.S.ECCLES governatore della Federal Reserve tra il 1934 e il 1948 uomo che condivise accanto a Franklin Delano Roosevelt gli anni della Grande Depressione, quindi non un fonte qualsiasi........

Come la produzione di massa deve essere accompagnata da consumi di massa, i consumi di massa a oro volta implicano una distribuzione della ricchezza - non di ricchezza esistente, ma di ricchezza prodotta attualmente per fornire agli uomini il potere d'acquisto  di importo pari a quello di beni e servizi offerti dal circuito economico nazionale. 
Invece di realizzare questo tipo di distribuzione, una pompa di aspirazione gigante aveva attirato nel 1929-30 in poche mani una crescente quota di ricchezza. Questo serviva come accumulazione di capitale.(...) Abbiamo sostenuto livelli elevati di occupazione in quel periodo con l'aiuto di un eccezionale espansione del debito al di fuori del sistema bancario. Questo debito è stato fornito da una grande crescita del business di risparmio, nonché dal risparmio da parte di privati, in particolare ad alto reddito, dove le tasse sono relativamente basse.

E' importante esplorare ogni singola goccia degli oceani nei quali si naviga, in maniera particolare quelli della Storia!


Prosegue Fortis:


Che si tratti di yusen giapponesi o subprime americani, mutui immobiliari concessi con sempre maggiore facilità e senza adeguate garanzie, la storia è inesorabile, chi dimentica il passato è destinato a riviverlo.
Viceversa, come ha rilevato Nelson, la crisi del 1873 originò come quella di oggi dai problemi del settore immobiliare in Europa centrale e in Francia e si trasferì poi rapidamente al settore finanziario, propagandosi alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti con un crollo generalizzato delle borse. Osserva Nelson che intorno al 1870 negli stati dell'Europa continentale prese avvio un boom incontrollato del settore delle costruzioni municipali e residenziali, specialmente nelle capitali di Vienna, Parigi e Berlino, favorito anche da una eccessiva fioritura di istituzioni finanziarie specializzate nell'erogazione di mutui immobiliari concessi con sempre maggiore facilità e senza adeguate garanzie.

La vittoria militare sulla Francia nel 1871 e i relativi incassi per le riparazioni di guerra generarono in Germania un'euforia di investimenti in ferrovie, fabbriche, scali portuali e navi che si aggiunsero agli investimenti nel settore delle costruzioni. Quando la borsa di Vienna crollò nel maggio 1873, generando un panico diffuso, le banche inglesi ritirarono rapidamente i loro capitali dal continente e il costo del credito interbancario in Europa andò alle stelle, proprio come è avvenuto nell'odierna crisi.

La crisi bancaria si propagò rapidamente anche agli Stati Uniti colpendo in modo particolare il settore delle ferrovie, che già da qualche tempo era in difficoltà poiché non riusciva più a finanziarsi attraverso l'emissione di obbligazioni, ma doveva ricorrere in misura crescente ai prestiti a breve dalle banche. Il 18 settembre del 1873 la Jay Cooke & Company, uno dei maggiori istituti del mondo bancario americano pesantemente coinvolto nei collocamenti obbligazionari della compagnia ferroviaria Northern Pacific Railway, dichiarò bancarotta. Come la Lehman Brothers anche la Jay Cooke era un istituto sistemico e gli effetti furono disastrosi sull'intero sistema finanziario americano e internazionale.


I prezzi a Wall Street precipitarono, scoppiò il panico e invano il governo statunitense annunciò che avrebbe comprato parecchi milioni di dollari di obbligazioni cercando di iniettare liquidità e fiducia nel sistema. Il presidente degli Stati Uniti Ulisse Grant, consultandosi con i più autorevoli uomini d'affari dell'epoca come Cornelius Vanderbilt e Henry Clews, cercò senza riuscire di arginare la catastrofe. Sull'arco della crisi decine di membri dello Stock Exchange e migliaia di compagnie mercantili fallirono. Fu ripristinato il gold standard nel tentativo di stabilizzare la moneta e di frenare l'inflazione e la speculazione.

Le conseguenze della crisi finanziaria del 1873 sull'economia reale furono molto forti, specialmente nel settore industriale e ferroviario.
L'indice della produzione manifatturiera americana ricostruito da Edwin Frickey registra una caduta progressiva dal 1873 al 1876 analogamente a un indicatore "reale" particolarmente sensibile come le consegne di ghisa ( si veda il primo grafico qui a fianco). I tratti di nuove ferrovie realizzati, dopo aver toccato un massimo di 7.439 miglia nel 1872, precipitarono a 1.606 miglia nel 1875. Secondo la cronologia del Nber il ciclo negativo dell'economia statunitense perdurò dall'ottobre del 1873 al marzo del 1879, per un totale di 65 mesi: la depressione più lunga della storia americana assieme a quella del '29.

E oggi qualcuno mi vuole far credere che la svolta è dietro l'angolo, che il fondo è stato solo un incidente di percorso, che è stata una sorta di tempesta in un bicchier d'acqua, che in fondo oggi è diverso. Dalla Depressione del 1873, passando per quella del '29, sino a giungere alla "Lost Decade" giapponese, non c'è un periodo storico rivestito di deflazione negativa o positiva che sia che non abbia impiegato più di quindici anni per uscire dal gorgo e dal mulinello in cui è precipitato.

La disoccupazione si impennò rapidamente toccando nella sola città di New York il 25%. Gli scioperi e le manifestazioni crebbero per numero e intensità assumendo dimensioni senza precedenti, come in occasione della protesta del gennaio del 1874 al Tompkins Square Park in cui migliaia di disoccupati furono violentemente dispersi dalla polizia. Nelson sottolinea come gli operatori più colpiti furono le piccole e medie imprese, proprio come sta avvenendo oggi, a causa del credit crunch che anche allora fu fortissimo.

Ma la crisi produsse anche una generazione di vincenti, cioè le compagnie, non solo finanziarie, che disponevano di liquidità e che poterono consolidarsi e crescere comprando a prezzi di saldo altre società concorrenti. Andrew Carnegie, Cyrus McCormick e John D. Rockfeller ebbero abbastanza capitali per finanziare la loro crescita tumultuosa. Fu proprio in quell'epoca che i grandi gruppi industriali e finanziari d'America cominciarono ad assumere dimensioni tali da necessitare poi di essere contrastati e limitati dalle successive legislazioni antitrust.

Oggi avviene la stessa cosa, la recente merger-mania, la mania di nuove fusioni è uno dei sintomi, senza dimenticare quel "too big to fail" che sta sequestrando la democrazia e l'economia, istituti finanziari troppo grandi per fallire, che secondo la mia modesta opinione dovrebbero essere nazionalizzati in prima battuta e poi successivamente smantellati, eliminando il rischio sistemico.
L'era aperta dalla crisi del 1873, secondo Nelson, portò anche altre conseguenze, tra cui un aumento del protezionismo commerciale a livello internazionale, una diffusa insofferenza per i lavoratori immigrati che minacciavano i posti di lavoro delle popolazioni autoctone e anche il diffondersi di teorie "cospirative" nell'Europa centrale come quella secondo la quale la crisi finanziaria era stata provocata dagli ebrei e dalle banche straniere.

Gli anni della lunga depressione del 1873 segnarono anche il passaggio del testimone della leadership economica del mondo dall'Europa agli Stati Uniti, con l'emblematico sorpasso del Pil statunitense, nonostante la recessione in corso, ai danni di quello inglese (si veda l'altro grafico qui a fianco).

Si chiede poi Nelson: forse la crisi globale odierna sarà presto seguita da un nuovo cambio di leadership, quello tra l'indebolita economia americana che, come una "cicala", ha vissuto troppo a lungo al di sopra dei propri mezzi senza più produrre beni reali e senza risparmiare, e l'emergente potenza della Cina?
Questo evento potrebbe non essere lontano e, se la storia non riserverà sorprese, potrebbe essere accelerato dalla crisi economica globale che gli Stati Uniti stessi hanno principalmente contribuito a generare.
Robert Reich la chiamata " Mini depressione ", uno che ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, chiamarla depressione è un attentato alla realtà dei numeri economici, nessun paragone con il passato è vero, ma alle volte le differenze non tengono conto della realtà, talvolta demografica, talvolta statistica.
1926-47 UE
Il dibattitoo sulle virgole continua inesorabile, i contenuti invece sono sfumati.
Anche Barry Rutholz e Mike Shedlock ne parlano nei loro DISCORSI Depression versus Recession, comunque sia, questa è la storia, messaggi inequivocabili che gli uomini dimenticano facilmente perche in fondo.....
come sempre nella storia, capacità finanziaria e perspicacia politica sono inversamente proporzionali. La salvezza a lunga scadenza non è mai stata apprezzata dagli uomini d'affari se essa comporta adesso una perturbazione nel normale andamento della vita e nel proprio utile. Cosi si auspicherà l'inazione al presente anche se essa significa gravi guai nel futuro. Questa è la minaccia per il capitalismo (...) E' ciò che agli uomini che sanno che le cose vanno molto male fa dire che la situazione è fondamentalmente sana! JK GALBRAITH.> 

Per sostenere ICEBERGFINANZA clicca qui sotto



Icebergfinanza come un cantastorie che si  esibisce nelle strade e nelle piazze delle città!  

La "filosofia" di  Icebergfinanza resta e resterà sempre gratuitamente a disposizione di tutti nella sua "forma artigianale", un momento di condivisione nella tempesta di questi tempi, lascio alla Vostra libertà, il compito di valutare se Icebergfinanza va sostenuto nella sua navigazione attraverso le onde di questo cambiamento epocale!  

Non solo e sempre economia e finanza, ma anche alternative reali da scoprire e ricercare insieme cliccando qui sotto in ..........
 


Postato da: icebergfinanza a settembre 16, 2009 07:16 | link | commenti (17)


 
la grande depressione del 29, lost decade, grande depressione del 1873

Nessun commento: