mercoledì 30 settembre 2009

Cannibalizzazione

mercoledì 30 settembre 2009

Cannibalizzazione


Da alcuni giorni odo scricchiolii nell'impalcatura de "il Peggio è passato...la Ripresa è iniziata", messa in piedi con insistenza da Istituzioni e Mass-media.

Oggi il report ADP sulla disoccupazione USA è stato pessimo: la perdita di posti di lavoro doveva rallentare a meno -190mila ed eccola a meno -254mila, quasi allo stesso ritmo di agosto. E' evidente che dai -500/-600mila dell'inizio 2009 c'è stato un rallentamento ma ormai sono 12 mesi consecutivi che si tagliano posti di lavorooooooooo!
Un rallentamento è solo fisiologico, normale, nelle cose, posito in rebus, dettato dalle legge della gravitazione universale....ditelo come volete. Non si può licenziare tutta la forza lavoro degli Stati Uniti d'America...
Trovo più sorprendente il fatto che dopo 12 mesi di tagli feroci negli USA SI PERDANO ANCORA 250MILA POSTI DI LAVORO IN UN MESE! (dopo averne già persi circa 7milioni dall'inizio della crisi)

Oggi l'indice MBA di richieste mutui che scende del -2,8% dopo i rimbalzoni a due cifre, perchè vengono meno i bonus fiscali da 8000 dollari a cranio per l'acquisto di una casa negli USA.

Ieri la fiducia dei consumatori americani ha messo la marcia indietro... e mi sembra più che logico considerando la disoccupazione in continua crescita, la sotto-occupazione, la riduzione dei salari, il credit crunch, i debiti da pagare, gli Stati che tagliano i servizi etc etc etc

L'altro giorno gli ordini di beni durevoli sono scesi del -2,4% deludendo le attese per un rialzo: si è quasi esaurito il piano di incentivi auto cash-for-clunker, ma anche il dato core ex-auto rimane debolissimo.

L'altro giorno la vendita di case esistenti è salita molto meno del previsto, quasi ferma rispetto al mese prima, per l'esaurimento del bonus fiscale di cui sopra.
L'immobiliare però è ancora dopato da altri programmi della FED e del Governo che tengono bassi artificialmente i mutui e che ne rendono più facile l'erogazione che ormai è quasi monopolio delle "statali" Fannie Mae e Freddie Mac.

Ed adesso un altro scricchiolio bello forte: l'indice manifatturiero Chicago PMI di settembre ha messo la marcia indietro ed è tornato in negativo a 46 deludendo le attese per un ulteriore avanzata a 52 (ad agosto era a 50).
E pensare che tutti gli indici manifatturieri sono stati i più performanti in questi mesi (si fa per dire) recuperando da livelli abissali a livelli di parità o lieve positività.

Il mio dubbio era che tale recupero fosse dettato in particolare da re-stocking (rimpinguamento magazzini) e dai programmi di incentivi, dubbio condiviso anche da elementi più "sinceri" del board della FED (vedi la Yellen) oltrechè da economisti ed analisti meno "di regime".
Non mi sorprenderebbe se nei prossimi 2-3 mesi i vari indici manifatturieri innestassero una limitata ma significativa marcia indietro.
Infatti il recupero, peraltro verso livelli molto deboli, sarebbe stato dettato da fattori una tantum.
Mentre i veri driver di una ripresa, ovvero la riduzione della disoccupazione, i ritorno dei consumi, la tenuta dei salari, l'erogazione del credito sono ancora TUTTI ASSENTI o quasi...
Ed i manager responsabili degli ordini d'acquisto dell'area di Chicago non sono scemi: hanno il polso della situazione e non comprano a stecca se poi non sono sicuri di vendere la merce, altrimenti rischiano di venire cacciati a pedate....

Permane il colossale dubbio che finiti gli incentivi ed il doping, l'economia non riesca a camminare da sola ed i segnali in tal senso si moltiplicano.
Inoltre gli incentivi sono un classico caso di CANNIBALIZZAZIONE: anticipano e concentrano in un breve lasso di tempo il fatturato che si sarebbe realizzato in un lasso di tempo più ampio.
Pertanto è normale che quando si esauriscono gli incentivi, si inneschi la marcia indietro visto che hai cannibalizzato anche la domanda dei trimestri successivi...

Mi spiego meglio con un esempio che bene conosciamo: gli incentivi per l'acquisto di automobili.
Ecco uno schema semplificato e teorico che può essere applicato all'economia in generale (più o meno)
1- annuncio incentivi: crolla la domanda dell'auto perchè pochi sono così fessi da comprarla senza aspettare gli incentivi o perlomeno senza capire meglio che programma sta per varare il governo. Ecco perchè quando annunci un programma di auto-incentivi devi essere chiaro e rapido.
2- parte il piano incentivi: la domanda di auto ha un boom (o comunque un incremento) perchè tutti comprano subito sfruttando l'incentivo una tantum, anticipando magari un acquisto programmato nel futuro. Ecco la cannibalizzazione di domanda e fatturato futuro...
3- si esaurisce il piano incentivi: nei mesi/trimestri successivi hai una forte contrazione delle vendite perchè hai anticipato anche quelle future.

Per comprendere la reale e naturale tendenza dell'economia è necessario aspettare lo sviluppo delle 3 fasi sopra elencate.
Adesso dovremmo essere nel periodo di passaggio tra la fase 2 e la fase 3: molti incentivi sono ancora attivi ed alcuni si stanno esaurendo.
Attenzione: gli scricchiolii che oggi sentiamo non sono il segno che torneremo per forza in Recessione.
Il rumore di fondo degli incentivi verrà meno e solo allora capiremo se siamo veramente in Ripresa.
Mentre solo tra qualche trimestre capiremo se la Ripresa era sostenibile.
Ma ho come il sospetto che il rumore di fondo degli incentivi non verrà meno ma si prolungherà nel tempo...

Naturalmente parlo di macro-economia applicata al mondo reale: le borse di Toro Drogato continuano a vivere nella loro dimensione virtuale...


Fonte


Fottuti

“…proprio sopra di voi, che vivete tranquilli nella vostra coscienza di uomini giusti, che sfruttate la vitaper i vostri sporchi giochetti allora…allora…ammazzateci tutti!
Noi siamo qui, prigionieri del cielo come giovani indiani…risarciteci i cuori, noi siamo qui, senza terra né bandiera, aspettando qualcosa da fare che non porti ancora dei torroni a Natale…telegrammi «ci pensiamo noi»…condoglianze! condoglianze!”
Antonello Venditti – Canzone per Seveso – dall’album Ullalla – 1976.

E’ fin troppo facile prevedere il seguito della vicenda che i giornali relegano oramai in terza e quarta linea sulle loro pagine, tradizionali od elettroniche, perché la tragedia delle navi cariche di veleni, affondate dalla ‘ndrangheta, è il più grave attacco subito dall’Italia nel dopoguerra.
E’ facile perché in questo sciagurato Paese si ritiene che le notizie non siano tali se solo si riescono ad occultare, oppure a ridimensionare, ma non è così: quando Der Spiegel farà un servizio sulla vicenda, addio turismo tedesco. E la stessa cosa avverrà quando lo faranno i giornali inglesi, francesi e americani: siamo irrimediabilmente fottuti.
Per prima cosa voglio tracciare i confini di questo articolo, il quale non si occuperà delle indagini e dei retroscena – che sono tanti – della vicenda, giacché mi riprometto di farlo in un prossimo pezzo, che sarà necessariamente lungo (e che ho già iniziato a scrivere), il quale richiede molto lavoro di ricerca: per ora, fermiamoci all’evidente. Che è già tanto.

Partiamo da una riflessione: il mare non ha confini, sono gli uomini ad imporli.
Per questa ragione non ha nessun senso parlare di “tragedia calabrese”, poiché se è vero che il pentito Foti fu creduto soltanto quando i medici s’accorsero di una “impennata” dei tumori in quelle aree[1], è altrettanto vero che, per semplici principi chimico-fisici quali l’osmosi ed il prodotto di solubilità, quei veleni sono destinati a diffondesi non solo nel Tirreno, bensì nell’intero Mediterraneo. Comprendiamo che sia difficile da capire per la gran parte del pubblico, ma quelle navi rappresentano – per l’ambiente – il corrispettivo di una bomba atomica sganciata sulla Calabria, una sorta di fall-out che durerà secoli. E, questo, anche se non saranno ritrovate scorie radioattive.
La Procura competente – nemesi della Storia, il magistrato che se ne occupa si chiama Giordano Bruno – non ha nemmeno i soldi per far svolgere dettagliate ricerche, al fine di conoscere il contenuto di quei relitti.

Il Ministro Brunetta ha trovato, invece, 40.000 euro da consegnare a De Michelis, suo antico mentore nel PSI, per “consulenze” ed il vecchio “Unciòn" – come lo chiamano a Venezia, ossia “unto” (non certo dal Signore) bisunto, capello sporco, ecc – ha ricambiato comunicando che, stante la cifra, considerava il suo lavoro al Ministero come “volontariato”[2]. Noi, che per la metà di quei soldi lavoriamo tutti i giorni, ricambiamo ricordando come lo appellò Enzo Biagi: “un avanzo di balera”.
Per prima cosa, quindi, chiediamo al Governo, come misura immediata – ma anche a Walter Veltroni che si dice “molto allarmato” – di cacciare questo “pendaglio di storta” (è un chimico…) dal Ministero (se fosse possibile fare “ambo” con Brunetta, se non è chiedere troppo…), per consegnare quei 40.000 euro ad un rappresentante delle “élite di merda” – come definisce il nostro Brontolo veneziano chi ha ancora un cervello – e, specificatamente, nelle mani del magistrato competente. Meglio, con una cerimonia a Campo dei Fiori.
La dimensione della tragedia non è stata nemmeno avvertita dalla popolazione, poiché per “comprenderla” bisognerebbe sapere, e per sapere servono soldi, tanti soldi.

Partiamo da quello che sappiamo.
Foti parla di una trentina di navi affondate, di fronte ai litorali del Tirreno e dello Ionio (ma la “Anni” fu colata a picco in Adriatico), approssimativamente da La Spezia a Crotone, con prevalenza sulle coste calabre. Quanta roba c’è dentro a quelle navi?
Senza pretendere di cercare il pelo nell’uovo, possiamo affermare che per quei “lavori” furono utilizzati mercantili di non grande stazza, diciamo intorno alle 5.000 tonnellate. La tonnellata di stazza, però, non coincide con la comune unità di misura per la massa, giacché corrisponde a 100 piedi cubici anglosassoni, 2,83 m3 i quali, considerando per semplicità la densità dell’acqua pari ad uno, corrispondono ad una massa di 2,83 tonnellate. Chi vorrà una dettagliata esposizione, la troverà in nota[3].
E’ difficile fare una stima del carico trasportato, giacché non sappiamo se tutti gli spazi interni disponibili per il carico fossero stati utilizzati: il buon senso direbbe che, volendole usare come semplici “cassonetti” da affondare, le avessero riempite fino alla falchetta, ma non abbiamo prove.
Stiamo quindi “bassi” e conteniamo il carico a sole 3.000 tonnellate di peso: trenta navi – ma sono 180, secondo altre fonti, quelle “disperse” – fanno 90.000 tonnellate di materiali tossici disseminati in mare. Una montagna di robaccia.
Cosa ci può essere in quelle stive?

Non vorremmo che, in breve tempo, qualcuno rassicurasse: “Non ci sono scorie radioattive! Dormite sonni tranquilli!”, poiché il problema diverrebbe meno grave per un’inezia.
Quelle scorie, come ha affermato Foti, provenivano per la gran parte dalle industrie del Nord: quali sono gli scarti industriali che furono ritenuti così difficile da smaltire, al punto di rivolgersi ai mammasantissima?

1) Residui di verniciatura
2) Residui delle industrie galvaniche
3) Scarti dell’industria conciaria
4) Scarti dell’industria tessile e tintoria

Fermiamoci qui, anche se le tipologie saranno probabilmente molte di più, perché basta ed avanza.
I prodotti versati in mare sono, a questo punto, tantissimi e si deve tener presente un secondo dato: queste sostanze sono, a loro volta, reattive. Quindi, non possiamo sapere cos’abbiano generato dopo essere state immagazzinate alla rinfusa nei fusti, né le interazioni che possono essere intervenute – sono oramai decenni che sono in fondo al mare – con le strutture metalliche della nave e con l’ambiente marino (la salinità dell’acqua di mare, la pressione, ecc).
Insomma, là sotto c’è di tutto.
Per capire, almeno a grandi linee, cosa ci può essere partiamo dalle sostanze utilizzate per sintetizzare quei prodotti tecnici:

Metalli pesanti

Piombo: presente nelle comuni vernici di fondo in funzione antiruggine, usato per decenni (ricordate la classica “antiruggine” arancione?) in tutta l’industria, soprattutto in quella meccanica.

Cromo: è uno dei principali composti di vernici e sostanze coloranti (in greco, chroma, significa proprio colore), soprattutto nella forma esavalente (giallo ed arancio) mentre in quella trivalente è verde. Usatissimo nell’industria conciaria ed in quella metallurgica.

Mercurio: usato anch’esso per vernici e nell’industria farmaceutica. C’è da sperare che, siccome costa parecchio, le industrie cercassero di recuperarlo almeno in parte, così come per l’Argento dell’industria fotografica.

Rame: usato in agricoltura, ma certamente meno pericoloso e meno diffuso dei precedenti.

Stagno: usato per saldature in elettronica. Prodotto costoso, e c’è da sperare che proprio per questa ragione non sia presente in quantità significative.

Composti organici
La tipologia dei composti organici è vastissima, ci limiteremo al minimo:

Naftoli: usati per sintetizzare coloranti (vernici, tinture, ecc).

Ammine aromatiche: anch’essi adoperati per la sintesi dei coloranti. Entrambi causano il cancro alla vescica.

Altre sostanze

Solfati, Nitrati, Cloruri: Zolfo, Azoto e Cloro costituiscono, con l’Idrogeno e l’Ossigeno, gli acidi minerali più usati e conosciuti. Per loro natura non sono molto inquinanti, ma è difficile prevedere quali composti possano generare se lasciati, per anni e sotto pressione, in “compagnia” di un “pudding” di molecole organiche.

Cianuri: usati nel processi galvanici e di cromatura. Basta il nome.

Ci rendiamo conto che la trattazione è assai esigua (diserbanti, fitofarmaci, idrocarburi, ecc) ma ciò basta ed avanza per comprendere il problema: tutte queste sostanze, se entrano in contatto con organismi biologici, causano interazioni gravissime, che si manifestano con malattie della pelle e degli organi interni, malattie nervose e tumori.
Di più: non dimentichiamo che i molluschi, e gli organismi bentonici in genere, tendono a concentrare nei loro liquidi biologici sali tratti dall’acqua marina. Noi, mettiamo loro “a disposizione” il peggior campionario di veleni che si possa concepire: immaginate i risultati.

La catena biologica dei mari italiani è quindi definitivamente compromessa giacché, quelle 90.000 tonnellate delle peggiori schifezze, s’espanderanno lentamente: non è detto che l’Italia non si ritrovi, domani, al centro di costosissime richieste di risarcimento da parte degli altri Paesi rivieraschi.
Siccome il mare non ha confini, e la catena alimentare marina tende ad espandere ciò che è concentrato in un punto, nessuno sarà più certo di non “beccarsi” un pesce che contenga quella robaccia. Personalmente, mangerò soltanto più pesce congelato di sicura provenienza atlantica.
Perché si è giunti a questo punto?

Sicuramente perché il profitto è alla base del crimine: ovunque e chiunque possa sperare di farla franca, risparmierà denaro fregandosene della salute altrui. Non è nemmeno il caso d’approfondire.
Alla base di tutto, però, c’è una generale e diffusa ignoranza da parte della classe politica: sanno pochissimo di queste cose, e quando si trovano di fronte a problemi del genere stentano a comprenderli. Nominano “esperti” per ricevere lumi, si stendono inutilmente chilometriche relazioni, quando il dato è semplice. Solo a volerlo osservare nella sua crudezza.
Ci sono precedenti storici?

In Italia, per moltissimi anni, il Lago d’Orta (Piemonte) fu completamente sterile dal punto di vista biologico: gli scarichi della Bemberg (fibre tessili artificiali), ricchi di Rame, uccisero tutte le forme di vita. Solo dopo anni, s’ottenne finalmente che lo stabilimento fosse dotato dei più moderni ritrovati tecnici per la depurazione dei fanghi in uscita. Oggi, la situazione è decisamente migliorata e sono tornati i pescatori.
Il lago d’Orta, però, è un bacino ristretto, dove fu possibile pianificare gli interventi: mica una “sepoltura” a casaccio in tutti i mari d’Italia.
Un evento che fa invece gelare il sangue è quello di Minamata, in Giappone: nel dopoguerra, nella baia di Minamata, iniziò una catena di morti sospette. Nel 1956, si resero conto che la ragione erano gli scarichi (contenenti principalmente Mercurio) di un’azienda chimica. La “svista” causò 2.265 vittime e 1.784 morti[4].
Cosa possiamo attenderci?

Non è allarmismo ingiustificato e nemmeno spregio della Patria affermare che la situazione non è gravissima: è tragica. Se i giornali stranieri non minimizzeranno come i nostri, non sarà per una sorta di “italianofobia”: avranno soltanto ragione.
Possiamo continuare tranquillamente a mangiare il pesce pescato nei mari italiani? Portare i nostri figli al mare? Riflettiamo che una concentrazione, anche minima, di metalli pesanti nell’acqua genera danni biologici.
Chi avrà il coraggio di sospendere cautelativamente (ma totalmente!) la pesca, almeno nelle regioni colpite da questo crimine? Chi darà ancora le “Bandiere Blu”? Siamo invece certi che prevarrà la logica del voto e del “lavoro”, poiché il danno generato è incommensurabile. Insomma, dovremo accettare d’essere avvelenati giorno dopo giorno: ci chiediamo come faranno, da domani, Sgarbi ed i paladini di Italia Nostra a portare avanti la loro crociata contro gli aerogeneratori, che “distruggono le nostre coste”. Ci hanno già pensato altri.

Il problema poteva essere risolto in altro modo?
Alla base di tutto, come ricordavamo, ci sono due fattori: il profitto e l’ignoranza.
Se il primo non può essere, almeno a breve termine (cosa che, personalmente, gradirei) eliminato, la seconda sì.
Da anni studiosi, tecnici, scrittori e giornalisti avvertono che con l’incenerimento dei rifiuti non si distrugge nulla: le sostanze inquinanti cambiano semplicemente forma e s’espandono nell’atmosfera.
Così è per il mare (e per le discariche): se non si giunge a comprendere che, come abbiamo costruito, così dobbiamo demolire quel che scartiamo, le tragedie come queste si ripeteranno. Anche se, per come stanno le cose, oramai siamo alla frutta.
Considerare quel “pudding” di sostanze alla stregua del petrolio greggio, e quindi recuperare sostanze mediante processi di cracking per poi riutilizzarle, sarebbe possibile se, solo, s’investisse nella ricerca. Ma, noi, usiamo la ricerca solo come fonte di “posti” per i figli dei notabili, com’è stato ampiamente dimostrato[5].

Se qualcuno pensasse “in qualche modo le tireremo su”, si metta tranquillo: il recupero di grandi navi su alti fondali è solo roba per Hollywood. Fosse solo una pilotina, a 500 metri sarebbe già un problema: figuriamoci quelle affondate a 1.000 metri e più! Nemmeno da pensare.
Inoltre, anche spiccando un salto nella fantascienza, durante la risalita perderebbero il carico: niente da fare.
Dopo l’affondamento dell’Andrea Doria, nel 1956, si pensò di recuperala ma i costi furono considerati proibitivi: l’Andrea Doria, però, ha la chiglia a meno di 100 metri dalla superficie!
Inoltre, questi bei affondatori di veleni, non le hanno colate a picco con il sistema tradizionale, ossia aprendo le valvole a mare (i cosiddetti Kingston): troppa fatica. Come ha confessato Foti, piazzavano trenta chili d’esplosivo a prua e le facevano saltare.
Se, anche, per un caso dei casi, potessero essere recuperate immettendo aria nello scafo, le falle non consentirebbero di raggiungere una spinta positiva. Ma, lo ripeto, è una pura ipotesi “di scuola”.

Molto probabilmente, cercano di minimizzare il fatto – ossia che i mari italiani sono irrimediabilmente avvelenati – perché non sanno che pesci (sic!) pigliare: affidano i titoli di testa alle solite beghe, dalle escort alla RAI, perché un Ministro come la Prestigiacomo non ha assolutamente le capacità d’affrontare un simile scempio. Come sempre, s’adotta la strategia dello struzzo.
L’unica ipotesi – ma, sottolineo, è tutta da verificare – potrebbe essere quella di metterle in sicurezza ricoprendole di teli impermeabili e poi “sigillarle” con un “sarcofago” di materiale inerte. Ripeto: è soltanto un’ipotesi (data la profondità) e bisognerebbe scomodare le “teste pensanti” dell’ingegneria e della ricerca italiana, magari proprio i ricercatori universitari. Sono anch’essi “élite di merda”, Brunetta?

Cosa si dovrebbe fare?
Per prima cosa sospendere totalmente la pesca e la balneazione ovunque ci sia solamente il sentore di una nave affondata: chi avrà il coraggio di farlo?
In seconda battuta, chiamare rapidamente le migliori menti che abbiamo (e ci sono…) in Ansaldo, OTO Melara, Italcantieri, FIAT, ecc, e domandare loro se esiste una sola ipotesi d’arrestare la dissoluzione di quei carichi nell’acqua marina.
Come atto simbolico – come ricordavamo – sarebbe d’uopo rimandare il “veneziano da balera” a casa e consegnare al magistrato competente quei 40.000 euro: sarebbe soltanto un simbolo, ma sarebbe ugualmente importante.
Da ultimo, riflettiamo che le operazioni militari italiane all’estero sono ben 30, che assorbono 8730 militari[6] e risorse per svariati miliardi di euro (parecchi camuffati nelle “pieghe” dei bilanci): ad Ottobre, ci sarà il voto per il ri-finanziamento.
Cos’è dunque l’Italia?

Siamo un Paese che spende miliardi di euro per discutibili (uso un eufemismo…) interventi a casa d’altri, mentre è impestato da un cancro ancor peggiore: di certo, lo Stato italiano non governa un terzo del Paese!
Siamo, quindi – seguendo proprio la loro logica – messi ancor peggio di Karzai!
Potremmo chiedere il dispiegamento nel Sud di una forza multinazionale, oppure richiamare i nostri ragazzi da missioni impossibili, pericolose e senza costrutto per mandarli a presidiare il nostro territorio, perché ne abbiamo un gran bisogno.
Qualcuno potrà ribadire che le mafie non si combattono più con il presidio del territorio, giacché hanno assunto dimensione nazionale ed internazionale: ciò è vero – e serve dunque l’attività d’intelligence – ma solo in parte.
Le mafie hanno bisogno del controllo del territorio, perché la droga si raffina nei laboratori clandestini, le armi s’immagazzinano nell’attesa d’essere vendute, il “pizzo” non viene chiesto a Stoccolma, bensì da Roma in giù. Questa vicenda ne è la dimostrazione lampante.
Bisognerebbe anche avvertire i mammasantissima in carcere che, qualora qualcuno torcesse anche solo un capello di quei ragazzi, potrebbe essere messo in atto nei loro confronti non il "41-bis", ma il “metodo Stammheim”.
Se, invece, credete che queste siano soltanto fanfaluche, domani comprate un bel branzino, fatelo “al sale” e mangiatelo allegramente, come se niente fosse. Oppure, datelo al gatto del vicino: ma solo se lo odiate.
Articolo liberamente riproducibile, previa citazione della fonte.

[1] Fonte: http://www.terranauta.it/a1052/rifiuti_e_riciclo/navi_dei_veleni_in_calabria_rifiuti_radioattivi_provocano_decine_di_morti.html
[2] Fonte : http://www.corriere.it/politica/09_settembre_23/demichelis_57f058c4-a803-11de-94a2-00144f02aabc.shtml
[3] Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Stazza
[4] Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Minamata
[5] Vedi: http://www.clandestinoweb.com/box-focus/182631-ricercatore-denuncia-pressioni-gelmini-malcostume-indag.html e http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=9263&iso=96&is=7
[6] Fonte: http://www.difesa.it/Operazioni+Militari/Riepilogo_missioni_attività_internazionali_in_corso/

La Cina fa shopping

CompLo tutto - Le pillole rosse del 3/7/2009

  1. “China’s oil ambitions take it to new frontiers”, Financial Times. I cinesi non lasciano, anzi raddoppiano. La marcia dell’economia cinese parrebbe - ma il condizionale è d’obbligo, visti i tempi che corrono e la mancanza di trasparenza del fu celeste impero - inarrestabile. Quest’anno, secondo le stime del Fmi (citate nel suo blog dal giornalista di “Repubblica”, Federico Rampini): il Pil dovrebbe crescere comunque di un buon 7,5%. L’anno prossimo addirittura dell’8,5%. E questo mentre tutti i Paesi del ricco occidente sono alle prese con una economia in caduta libera. Risultato: Pechino è attivissima anche sul fronte del petrolio. A giugno, la compagnia petrolifera cinese Sinopec aveva comperato la Addax petroleum, attiva in Africa occidentale e nel Kurdistan iraqeno. Di ieri, invece, la notizia che la China national petroleum starebbe, secondo il Financial Times, trattando per comprare la compagnia petrolifera argentina Ypf, attualmente di proprietà della spagnola Repsol.
  2. “Pechino prepara lo shopping italiano, La Repubblica. Non solo politica. Il presidente cinese Hu Jintao arriverà a giorni in Italia per partecipare alla riunione del G8, all’Aquila. Ma con lui arriverà anche il ministro del Commercio, Chen Deming e una pattuglia di 300 imprenditori. Obiettivo: cercare investimenti interessanti, ovvero qualcosa che valga la pena di comprare. E se il passato recente insegna, i cinesi non baderanno a spese. Nei mesi scorsi - dopo analoghe missioni in Germania, Inghilterra, Spagna e Svizzera - i cinesi hanno deciso di investire 15 miliardi di dollari. Oltre all’Italia, la delegazione cinese visiterà anche Svezia, Finlandia e Portogallo. Commento di “Repubblica”: dovrebbe essere proprio l’Italia, però, il Paese dove i cinesi faranno i maggiori affari. Commento nostro:deficit al 9,3% del Pil nel primo trimestre dell’anno in effetti - visto l’andamento dei conti pubblici (); e la salute delle aziende (secondo l’Assocciazione piccoli impenditori, una su dieci potrebbe chiudere, nel milanese, a settembre) - Pechino qui potrà approfittare di ottimi prezzi da saldo. (grazie al lettore Gigi, per il suo contributo)
  3. Update: Beijing auto submits Gm Europe offer, Financial Times. Beijing automotive, casa automobilistica cinese, ha fatto una sua offerta a General Motors per una partecipazione in Opel. Questi cinesi non si fermano mai. Si fa perfino fatica a stargli dietro.

CompLo tutto/2

September 30th, 2009
  1. La miniera di Osama in mani cinesi”, Corriere della Sera. Tempo fa, Sir David Richards - capo di stato maggiore dell’esercito inglese - aveva detto chiaro e tondo (al Times) che la missione della Nato in Afghanistan sarebbe potuta durare ancora a lungo. Tipo, precise parole, “30 o 40 anni”. E in effetti - come ci ricorda il Corriere in edicola oggi - di cose da fare nei prossimi decenni a Kabul ce ne sarebbero. Eccome. Per esempio sfruttare la miniera di Aynak, il secondo giacimento di rame al mondo. A scavare come pazzi - però - non sono e non saranno compagnie europee o targate Usa. Bensì i cinesi della China Metallurgical Group, la società di proprietà della Repubblica popolare che ha ottenuto - promettendo fior di royalties al governo afghano - una concessione di durata appunto trentennale. Ora: coincidenza vuole proprio nella regione di Ayak, siano stati appena mandati 2.000 soldati a stelle e strisce. E che Davide Frattini - inviato del Corriere in Afghanistan - osservi: “L’obiettivo ufficiale della missione (ad Ayak, NdA) è respingere le infiltrazioni dei talebani verso Kabul, ma l’effetto collaterale è quello di proteggere gli investimenti cinesi“. Ma guai a chi si permettesse di vedere un qualche nesso tra la protezione dei soldati americani e il fatto che la Cina sia il Paese che ha in tasca - sotto forma di titoli di Stato - la maggior parte del debito pubblico Usa. Quello sarebbe davvero pensare (troppo) male.
  2. “China seeks big stake in Nigerian oil”, Financial Times. Non solo Afghanistan. E non solo Asia. La Cina - ha scritto ieri il Financial Times - pare essere sempre più interessata anche al petrolio della Nigeria, il primo produttore di oro nero dell’Africa Subsahariana. Tanto che la China national offshore corporation (Cnooc) - una delle tre grandi compagnie petrolifere di Pechino - ha messo sul piatto oltre 30 miliardi di dollari per assicurarsi un sesto delle riserve nigeriane. Cnooc, per assicurarsi qualcosa come 6 miliardi di barilli di petrolio, dovrà battere la concorrenza di giganti del settore come Shell, Chevron, Total e Exxon. Ma un primo risultato l’ha già raggiunto: far sorridere i governanti nigeriani. Tanimu Yakubu, consigliere economico del presidente della Nigeria, infatti, ha commentato: “I cinesi hanno già offerto molto di più di quello che ci era stato dato in passato… Amiamo questo tipo di competizione”.
  3. “CIC buys stake in Kazakh oil and gas group”, Financial Times. Insomma la fame di materie prime cinesi non conosce confini. E neppure limiti. Solo negli ultimi sette giorni: China investment corp - il fondo sovrano cinese - ha comprato l’11% delle azioni di KazMunaiGas, produttore di gas e petrolio del Kazakistan (costo: 939 milioni di dollari); ha investito 1,9 miliardi di dollari in Bumi Resources, primo produttore di carbone in Indonesia; e ha pagato 850 milioni di dollari per avere il 15% della Noble Group, compagnia specializzata nel trasporto via nave di materie prime. Così, tanto per non farsi mancare niente.
P.S. Lo shopping fatto da Pechino negli ultimi giorni è una notizia. Ma non una novità. Qui, infatti, trovate “Complo tutto/1″, un altro (vecchio) post, con altri colpi messi a segno dalla Cina giusto quest’estate.


Fonte

lunedì 28 settembre 2009

Dire che m'inquieta è poco


Le incredibili immagini degli insetti cyborgs della DARPA

Pubblicato da Gianluca Riccio alle 15:23 in Ricerche




Si, avete letto bene: abbiamo delle immagini: insetti cyborg controllati a distanza. E' il lavoro di un gruppo di Berkeley che ha fornito di elettrodi una serie di calabroni per controllarli.
"Abbiamo dimostrato la possibilità del controllo remoto di insetti in volo libero grazie ad un sistema di stimolazione neurale impiantato su di loro," riporta il team in un lavoro dal titolo eloquente,Frontiers in Integrative Neuroscience"Il sistema consiste in stimolatori neurali, un microcontroller radio ed una microbatteria".
[ecco il video]

La ricerca è finanziata dalla DARPA, e c'è da dire che il gruppo Berkley non è l'unico ad avere ottenuto successi: un team della University of Michigan ha prodotto uno sciame di falene cyborg.
[il video delle falene]

E' incredibile e sconvolgente: in un futuro non lontano qualcuno potrebbe sentirsi spiato perfino da un'ape.

Disoccupazione ultimi dati


2009-09-28 12:33
INPS: ASSEGNI DISOCCUPAZIONE +52%
In un anno Cig ordinaria +409%, Cig straordinaria +86%
(ANSA) - ROMA, 28 SET - Sono quasi un milione (984.286) le domande di disoccupazione liquidate dall'Inps tra l'inizio di agosto 2008 e la fine di luglio 2009 (+52%). Lo ha detto il presidente e commissario straordinario dell'Inps, Antonio Mastrapasqua. Dal primo settembre 2008 al 31 agosto 2009, le ore autorizzate di Cig hanno superato quota 615,5 milioni (615.554.896) mettendo a segno un aumento del 222,3%. La cigo ha registrato un incremento del 409,4%, mentre la cassa integrazione straordinaria e' balzata dell'86,7%.







2009-09-27 17:50
USA: 52, 2% DI GIOVANI DISOCCUPATI
New York Post, mai cosi' elevato da Seconda Guerra Mondiale
(ANSA) - NEW YORK, 27 SET - Il tasso di disoccupazione tra i giovani americani, di eta' compresa tra i 16 e i 24 anni, e' pari al 52%. Lo riporta dal New York Post, citando il dipartimento del Lavoro, secondo cui e' ai massimi dalla Seconda Guerra Mondiale. Al Angrisani, ex assistente del segretario al lavoro durante l'amministrazione Reagan, sostiene: 'Nel piano dell'amministrazione non c'e' alcuna assistenza per le piccole e medie imprese, che creano il 70% dell'occupazione nel Paese'.


2009-09-27 17:14
USA: 6 IN CODA PER 1 POSTO DI LAVORO
Nyt, aziende scettiche su economia attendono per assumere
(ANSA) - NEW YORK, 27 SET - L'economia mostra segni di stabilizzazione ma per gli americani in cerca di occupazione non si vede alcuna luce in fondo al tunnel. Il mercato del lavoro e' molto debole e le prospettive sono ancora peggiori. Per ogni posizione lavorativa a tempo pieno aperta ci sono - riporta il New York Times - 6 aspiranti. Negli Usa ci sono 2,4 mln di posizioni aperte a tempo pieno a fronte di 14,5 mln di persone ufficialmente disoccupate. Mai dal 2000 si era registrato un rapporto cosi' elevato.

Honduras aggiornamenti

28/09/2009
Fonte
Honduras, i golpisti minacciano l'ambasciata brasiliana e sospendono le libertà costituzionali


Il Brasile ha ospitato nella sua ambasciata honduregna il presidente legittimo Manuel Zelaya




Mediatori degli Osa espulsi e libertà costituzionali sospese per 48 ore. Questa la controffensiva della dittatura honduregna che non finisce qua. Dieci giorni di tempo. E' l'ultimatum imposto dal governo golpista di Roberto Micheletti al Brasile, per consegnare il presidente legittimo Manela Zelaya oppure offrirgli asilo politico. Costretto all'esilio forzato dal 278 giugno, giorno del golpe, Mel si è rifugiato da una settimana nell'ambascita per progettare la maniera più consona per tornare al potere. Parlando con i giornalisti nella capitale dell'Honduras, il ministro degli Esteri del governo de facto ha dichiarato che se lo status di Zelaya non viene chiarito entro dieci giorni l'ambasciata perderà i suoi requisiti diplomatici. Il Brasile aveva già in precedenza chiarito che non intendeva accogliere una richiesta di definizione dello status di Zelaya. Ed il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva ha ricordato che la sede diplomatica è tutelata dal diritto internazionale: "se i golpisti entreranno con la forza nell'ambasciata, considereremo violata ogni norma internazionale".

Il governo de facto ha quindi deciso di far vedere la sua vera facciata, limitando a chiare lettere i diritti sanciti dalla Costituzione per un periodo di 45 giorni, prevedendo anche la possibilità di chiudere i mezzi di comunicazione e dando più poteri alle forze armate per far rispettare "l'ordine pubblico". La decisione, che riguarda la libertà di riunione e di circolazione. tutto è teso a colpire la miriade di manifestazioni a favore del presidente deposto che dal giorno del golpe non si placano. Intanto ieri Zelaya ha lanciato un appello agli honduregni a marciare sulla capitale, come "offensiva finale" contro il governo golpista. Quindi, Zelaya ha definito, in serata, "una barbarie" le imposizioni di Micheletti, invitando il Parlamento a sospendere il provvedimento. Il decreto proibisce "ogni riunione pubblica non autorizzata" e le dichiarazioni dei media che vadano contro "le risoluzioni del governo" o possano alterare "il rispetto della pace e l'ordine pubblico". Nel precisare che le forze armate sono autorizzate a sostenere la polizia "per garantire l'ordine", il decreto prevede "l'arresto di chi viene trovato fuori dall'orario previsto per la circolazione, o di chi venga considerato in qualche modo sospettato di poter danneggiare le persone o i beni". Alcune reti radio e tv, prosegue il decreto, "stanno diffondendo odio e violenza contro lo Stato, lanciando appelli all'insurrezione popolare. La Commissione per le telecomunicazioni è quindi autorizzata, tramite la polizia e le forze armate, a sospendere ogni radio, tv o via cavo che non rispetti i programmi dettati dalle presenti disposizioni". Le prime teste sono già cadute: l'emittente Canal 36 e Radio Globo, più volte in queste ultime settimane oscurate con l'accusa di diffondere le notizie dei sostenitori a favore di Zelaya, sono state chiuse.


2009-09-28 09:02
HONDURAS: SOSPESA LA COSTITUZIONE
Giro di vite del governo Micheletti, media sotto tiro
(ANSA) - TEGUCIGALPA, 28 SET - Il regime de facto dell'Honduras ha limitato le garanzie costituzionali per 45 giorni, e in particolare il diritto di informazione. Un decreto approvato martedi' scorso dal governo presieduto da Roberto Micheletti, ma reso noto solo oggi, prevede infatti la possibilita' di chiudere qualsiasi testata contraria alle risoluzioni del governo. E sono sempre piu' tesi i rapporti con il Brasile, nella cui ambasciata e' rifugiato dal una settimana il deposto presidente Manuel Zelaya.


2009-09-27 22:35
ESPULSA DA USA FIGLIA DI MICHELETTI
Lavorava presso l'ambasciata dell'Honduras a Washington
(ANSA) - TEGUCIGALPA, 27 SET - Le autorita' Usa hanno espulso oggi la figlia del presidente de facto honduregno Roberto Micheletti. Bianca Micheletti lavorava presso l'ambasciata di Tegucigalpa a Washington. Lo hanno reso noto fonti honduregne precisando che Bianca Micheletti e' arrivata stasera all'aeroporto di Tegucigalpa assieme a due concittadine, Carmen Martinez e Gloria Alvarenga, anch'esse espulse dagli Stati Uniti.


Il regime di Micheletti vara misure straordinarie contro la libertà di riunione e circolazione
Minaccia all'ambasciata del Brasile, che ospita il presidente deposto Zelaya: perderà l'immunità

Honduras, sospesa la costituzione
giornali minacciati di chiusura


Honduras, sospesa la costituzione giornali minacciati di chiusura
Un soldato davanti all'ambasciata del Brasile di Tegucigalpa
TEGUCIGALPA - Giro di vite sulle garanzie costituzionali e i media in Honduras: il governo de facto di Roberto Micheletti ha limitato i diritti sanciti dalla Costituzione per un periodo di 45 giorni, prevedendo anche la possibilità di chiudere i mezzi di comunicazione e dando più poteri alle forze armate per il rispetto "dell'ordine pubblico". 

La decisione, che riguarda la libertà di riunione e di circolazione, giunge tre mesi dopo il golpe contro Manuel Zelaya che, dopo il suo rientro nel paese, lo scorso lunedì, si trova asserragliato nell'ambasciata brasiliana di Tegucigalpa. Nelle ultime settimane c'erano state, d'altra parte, diverse manifestazioni a favore del presidente deposto, che ieri aveva lanciato un appello agli honduregni a marciare sulla capitale, come "offensiva finale" contro il governo golpista. Lo stesso Zelaya aveva poi definito, in serata, "una barbarie" le imposizioni di Micheletti, invitando il Parlamento a sospendere il provvedimento. 

Il decreto proibisce "ogni riunione pubblica non autorizzata" e le dichiarazioni dei media che vadano contro "le risoluzioni del governo" o possano alterare "il rispetto della pace e l'ordine pubblico". Nel precisare che le forze armate sono autorizzate a sostenere la polizia "per garantire l'ordine", il decreto prevede "l'arresto di chi viene trovato fuori dall'orario previsto (dal coprifuoco, ndr) per la circolazione, o di chi venga considerato in qualche modo sospettato di poter danneggiare le persone o i beni". 

Alcune reti radio e tv, prosegue il decreto, "stanno diffondendo odio e violenza contro lo Stato, lanciando appelli all'insurrezione popolare. La Commissione per le telecomunicazioni è quindi autorizzata, tramite la polizia e le forze armate, a sospendere ogni radio, tv o via cavo che non rispetti i programmi dettati dalle presenti disposizioni". 

Nel mirino di Micheletti sono già finite l'emittente Canal 36 e Radio Globo, più volte in queste ultime settimane oscurate con l'accusa di diffondere le notizie dei sostenitori a favore di Zelaya. 

Ieri, il governo golpista aveva dato al Brasile dieci giorni di tempo per spiegare in base a quali criteri ha permesso a Zelaya di rifugiarsi nell'ambasciata, da giorni circondata dai militari. L'ultimatum è stato respinto qualche ora dopo dal presidente Lula, il quale ha precisato che "se i golpisti entreranno con la forza nell'ambasciata, considereremo violata ogni norma internazionale". (ansa
(28 settembre 2009

La guerra infinita

Si allarga o non si allarga il conflitto all'Iran?
Sono un paio di annetti che ci girano in torno e cercano solo una scusa per attaccare l'ennesimo stato sovrano.
Ovviamente i media invece di dare risalto alle notizie economiche disastrose che realmente ci interesserebbero, della disoccupazione che sta aumentando a dismisura, dell'Honduras dove viene sospesa la costituzione, delle continui scontri in Grecia e invece no pompano con il mantice verso l'inevitabile conflitto in Iran, come se li risiedesse la soluzione a tutti i mali, come se li vi fossero i "terroristi" colpevoli della situazione attuale.
Che quando scoppierà sarà accettato come normale perchè ce lo ribadiranno talmente tante volte da farlo sembrare ovvio e giustificato


Ieri su tutti i giornali esce la notizia del Wall Street Journal, non a caso, viene immediatamente riferita e rimbombata su tutti i media ha una visibilità immediata.



Sarebbero tre i luoghi da colpire: Arak, Bushehr e Natanz. La data limite è il 2010. L'arma si chiama Gbu-28 e arriva dagli Usa
"Ecco come Israele prepara l'attacco all'Iran"

L'incipit dell'articolo mi fa venire in mente un ventennio dimenticato da troppi ormai:

NEW YORK - Il piano è pronto. L'arma segreta si chiama Gbu-28, ed è arrivata, manco a dirlo, dagli Stati Uniti: è una bomba guidata con un laser, pesa qualcosa più di due chili ed è stata sviluppata dagli americani prima della guerra in Iraq per colpire in profondità i bunker di Saddam. Sono tre anni che Israele se la culla: serviva per le fortificazioni di Hamas, che c'è di meglio per sventrare i siti sotterranei dell'Iran? 

L'arma segreta? Mi sembra di ricordare anche altri che si vantavano delle armi segrete che poi tanto segrete e moderne non sono visto che:

La Guided Bomb Unit-28 (GBU-28) è una bomba a guida laser da 2.268 kg del tipo "bunker busting", in grado cioè di penetrare bersagli pesantemente corazzati o sotterranei. Prodotta originariamente dalla Texas Instruments, venne sviluppata in modo specifico per l'Operazione Desert Storm per distruggere i centri di comando sotterranei utilizzati dagli iracheni. Tuttavia, solo due di queste bombe sono state sganciate durante Desert Storm, da F-111F[2].
Soprannominate "deep throat" (gola profonda), le GBU-28 sono in grado di penetrare trenta metri di terra, oppure sei metri di calcestruzzo[3] .
La prima esportazione di questo sistema d'arma, autorizzata nel mese di aprile 2005, è stata nei confronti di Israele, che ne ha acquistate 100 unità[4]. La consegna delle armi è stata accelerata, su richiesta di Israele, nelluglio 2006. Infatti, secondo fonti militari israeliane, Hezbollah terrebbe i propri lanciarazzi in bunker e fortificazioni sotterranee[5].

E poi un po' di confusione sempre sull'arma segreta che sarà pronta in quattro anni ma il piano d'attacco è per il 2010...vi decidete?


Il dubbio attanaglia gli esperti militari di mezzo mondo ma un po' meno gli ufficiali di Benjamin Netanyahu. Anche la squadra è pronta: il ministro della Difesa Ehud Barak ha già detto che Israele è in grado di distruggere l'Iran e al vertice del Mossad per un altro ci sarà il falco Meir Dagan. La data del 2010 è quella limite: allora Mamhud Ahmadinejad avrà a disposizione nella centrale di Natanz l'uranio arricchito necessario. 

La superbomba sarebbe pronta in 4 anni. Lo scenario tracciato da Anthony Cordesman sul Wall Street Journal è devastante. L'analisi è intitolata "The Iran Attack Plan" ma il titolo non inganni: il piano c'è, dice l'ex consulente del dipartimento di Stato, oggi al Centro Studi Strategici e Internazionali, ma non è detto che sia la soluzione. Cordesman è un big. È lui il consigliere di Stanley McChrystal, il comandante Usa in Afghanistan. 


Le distanze in linea retta sono riportate qui sotto ma se si parra dalla Turchia si allungano parecchio è vero e si arriva sui 2000 e passa km.
Gerusalemme > Quom            1500km
Gerusalemme > Arak              1370km
Gerusalemme > Bushehr        1530km
Gerusalemme > Natanz          1570km
E per cronaca
Gerusalemme > Theran          1560km



Già sei anni fa gli israeliani hanno fatto volare i loro F-15 fino alla Polonia: un tragitto ben più lungo dei 2mila chilometri che li separano dall'Iran. Anche gli obiettivi sono chiari. Tre i siti da colpire, al netto dell'ultimo, Qom: Arak, Bushehr e Natanz. Arak non avrebbe un reattore pronto prima del 2011.

Poi l'articolo continua in una frneticazione di supposizioni, ce le ricordiamo le armi di distruzione di massa di Saddam o no? Ci ricordiamo quanto ci hanno sfinito con quella notizia?


Tutti gli obiettivi sono facilmente raggiungibili. E anche la strada è segnata. Attaccare dal Sud sarebbe politicamente non consigliabile: gli Stati Uniti non permetterebbero il sorvolo dei cieli sauditi. Tagliando diritto vorrebbe dire sorvolare la Giordania: gli altri arabi insorgerebbero. Meglio dunque il giro largo da nord seguendo i confini siriani per entrare dalla Turchia. 

Ma non è tutto così semplice. Quante altre Qom, quanti altri segreti nasconde l'Iran? La risposta è un aggettivo troppo vasto per un obiettivo militare: tanti. Può Israele sostenere una guerra vera? No, la soluzione è quella dello "strike", l'attacco mordi e fuggi, come quello che nel 1981 distrusse il reattore iracheno di Osirak. Ma con quali conseguenze? 

Cordesman aveva già riassunto il dilemma in un altro, dettagliatissimo dossier realizzato con il collega Abdullah Toukan per il Centro di studi strategici: l'attacco di Israele potrebbe essere difficoltoso, destabilizzante, ma potrebbe accadere davvero. 
Era il marzo di quest'anno: la centrale di Qom ancora segreta. Sei mesi dopo, quella previsione sembra terribilmente più vicina. 

La smettiamo di farci prendere in giro da cera stampa o no! Leggete tra le righe quest'articolo è pura proapaganda qualunquista che mira a farci credere che la guerra sia giusta!

USA disoccupazione tra i giovani


Il tifone, il missilone e le onde anomale

Stasera (domenica) non abbiamo resistito e abbiamo guardato il TG.

Rai Uno, si, roba pesante.

La stampa allineata si straccia le vesti e punta il dito contro la pericolosa Teheran, che prima dichiara di avere un secondo sito nucleare, poi testa un missile terra-terra che, secondo gli specialisti della Difesa americana, potrebbe arrivare alla gittata di 2000 km.

Ah, gli iraniani cattivi, praticamente l'equivalente su scala globale dei pitbull impazziti.

Molti minuti dedicati anche al tifone nelle Filippine, che sicuramente non è una barzelletta per chi si è trovato la casa allagata (sempre se ha avuto la fortuna di ritrovarla al suo posto).

Bene.

Forse pero' sarebbe stato più utile mostrare meno video di persone travolte dall'acqua e dare un po' più spazio, se proprio di inondazioni si vuole parlare, alle onde anomale che sono già qui.

Già, perchè la fine dell'estate è arrivata senza l'apocalisse economica del dollaro mezza pronosticata da Europe2020, ma dobbiamo dare atto al medesimo gruppo che l'impatto delle onde anomale sta rispettando le scadenze anticipate con notevole precisione.


L'onda anomala della disoccupazione



USA, disoccupazione giovanile al 52%

L'onda anomala della disoccupazione di massa era prevista in USA per la fine dell'estate.

Eccola qui: negli USA la disoccupazione giovanile (tra i 16 e i 24 anni) si attesta al 52,2% , mai così alta dalla seconda guerra mondiale. Lo riporta il New York Times, citando il dipartimento del Lavoro. Visto su Ansa.

Sempre Ansa cita Al Angrisani, ex assistente del segretario al lavoro sotto Reagan, secondo il quale

Nel piano dell'amministrazione USA non c'e' alcuna assistenza per le piccole e medie imprese, che creano il 70% dell'occupazionedel paese

Ci sarà forse un vago collegamento tra le due cose?

D'altra parte il "salvataggio", se così si puo' chiamare, ha salvato Goldman Sachs, AIG e le altre corporation troppo grandi per fallire e troppo potenti per non finanziare entrambi i candidati alla presidenza e per non influire nella politica economica di qualunque governo americano.

Goldman Sachs è salva, almeno per ora, e questo basta e avanza al governo americano e a buona parte del parlamento.

Chiosa caprina: alcuni potrebbero ritenere che il tessuto produttivo americano è molto simile a quello italiano perchè costituito in buona parte da piccola e media impresa. L'analogia è vera, l'affezionato lettore tenga pero' presente che una "piccola" impresa americana impiega un numero di dipendenti che in Italia la classificherebbe tra la media, minimo, o più facilmente la medio-grande impresa.

Non abbiamo i numeri sottomano ma passateci il paragone caprino.


USA, uno su sei ce la fa

Sempre in tema di onda anomala della disoccupazione, sempre Ansa riporta sempre il New York Times, secondo il quale ci sono sul mercato del lavoro circa 2,4 milioni di posti disponibili, mentre 14,5 milioni sono le persone disoccupate.

Mediamente, dunque, per ogni posto di lavoro ci sono cinque persone che restano disoccupate.

Il rapporto di 1 a 6 è il più alto dal 2000.



L'onda anomala dei fallimenti


A dicembre finiscono gli incentivi?

Si fa sentire anche l'onda anomala dei fallimenti. Ancora da Ansa: a dicembre potrebbero finire non solo gli incentivi per la rottamazione dell'auto, ma anche altri interventi e agevolazioni fiscali. Sarebbe il contraccolpo della "finanziaria leggera" che per ora non prevede il loro finanziamento.

(ehi guarda, uno stato senza soldi)


USA, 95 banche fallite nel 2009

E per concludere la rassegna stampa di questa domenica, diamo l'addio alla Georgian Bank con un costo di circa 892 milioni di dollari per il FDIC, che non sappiamo bene dove andrà a trovare altri soldi di questo passo. Ah, già, ma c'e' la stampante a colori marca Fed che stampa diecimilionididollarialminuto.

E' la novantacinquesima banca fallita negli USA nel 2009.

Una ogni due giorni e qualcosa (conteggio caprino).

Non male, no...

Saluti felici e gioiosa settimana

Felice Capretta

PS: si, per ora sorvoliamo sul G20. Stiamo ruminando alcuni dettagli particolarmente tragicomici e stiamo valutando se propoveli.

PPS: partecipate al sondaggio proposto dall'affezionato lettore Corvo su "come sarà il 2015", nei commenti al post precedente trovate un po' di approfondimenti. Si vince un invito a cena dall'affezionato lettore Pluto (disclaimer: la sua armata di zombie parteciperà alla cenetta, liberi di non ritirare il premio..)

sabato 26 settembre 2009

Somalia la guerra che non interessa a nessuno


SOMALI IN FUGA IN KENYA, UNHCR  CAMPI SOVRAFFOLLATI
(AGI) - Ginevra, 26 set. - Sono oltre 50.000 i somali in fuga dai combattimenti e dalla crescente crisi umanitaria nel loro Paese che si sono rifugiati in Kenya dall'inizio dell'anno. A riferirlo, l'Alto commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr) che sottolinea come i somali in fuga arrivino a una media di 6.400 al mese, aumentando la pressione sulle gia' sovraccariche infrastrutture e risorse dei campi di Dadaab, nel Kenya settentrionale, che attualmente ospita il triplo della popolazione per cui era stato progettato. A meta' agosto l'Unhcr aveva avviato un programma volto a decongestionare il campo di Dadaab e aveva iniziato il trasferimento di 12.900 rifugiati nel campo di Kakuma, nel Kenya nord-occidentale. Nonostante siano gia' stati trasferiti 9.570 rifugiati, la popolazione di Dadaab rimane virtualmente invariata. Attualmente ci sono 281.600 somali. I meteorologi prevedono inoltre che il Paese sara' colpito dal fenomeno atmosferico di El Nino, e l'agenzia Onu teme che il campo di Dadaab sara' soggetto a gravi inondazioni nelle prossime settimane, mettendo a rischio la salute dei rifugiati. Nel frattempo, da maggio, gli scontri tra le forze governative e i gruppi ribelli hanno costretto circa 250.000 somali a fuggire dalle loro case nella capitale Mogadiscio. La maggior parte ha trovato rifugio nel corridoio di Afgooye, 30 km a ovest della capitale. Questi siti provvisori ospitano attualmente 524.000 sfollati che vivono in condizioni terribili, visti i gravi ostacoli che le organizzazioni umanitarie devono affrontare per riuscire a raggiungerli. La sempre maggiore mancanza di sicurezza e la lunga siccita' in Somalia stanno spingendo molte altre persone a fuggire piu' lontano, in Paesi confinanti e anche oltre. Affidandosi a scafisti senza scrupoli, in migliaia rischiano la vita affrontando la pericolosa traversata del Golfo di Aden e del Mar Rosso per raggiungere lo Yemen o per arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo. Non tutti riescono ad arrivare a destinazione. La scorsa settimana 16 persone sono morte e altre 49 risultano disperse nel Golfo di Aden. Da gennaio 824 barche e oltre 46.700 persone hanno affrontato il viaggio verso lo Yemen dal Corno d'Africa. La Somalia e' uno dei Paesi con piu' rifugiati e sfollati. L'Unhcr fornisce protezione e assistenza a oltre 515.000 somali in Kenya, Yemen, Etiopia, Gibuti e Uganda. In base alle stime Onu, 3 milioni e 800mila somali hanno immediata necessita' di assistenza umanitaria, tra questi un milione e 500mila sfollati.

Burgan sarà esaurito tra 5 anni


Burgan in declino irreversibile.

Burgan_oil_field.jpg
Fa un po' nostalgia pensare che abbiamo parlato del secondo giacimento più grande del mondo, Burgan in Kuwait, nell'ormai lontanissimo Novembre 2005 (era il decimo post in assoluto su Petrolio, e infatti non un cane si degnò di commentare. C'erano si e no dodici lettori, all'epoca). Burgan aveva appena passato il picco di produzione, e la rivelazione da parte del governo kuwaitiano aveva trasmesso sconcerto nel mondo petrolifero.
In un'analisi di Michael Lynch per Rigzone, il giacimento è oggi ufficialmente definito in declino irreversibile. L'altissimo water cut ha portato la produzione a 1,4 milioni di barili al giorno, parecchio al di sotto degli 1,7 di 4 anni fa e degli 1,9 dei tempi d'oro. Senza aiuti tecnologici, sostiene Lynch, Burgan sarà esaurito tra 5 anni. Con buona pace degli sceicchi.
Interessante la lista al termine dell'articolo: Ghawar, Samotlor (in Russia), Agha Jari, Ahwaz, Gach Saran, Marun (tutti in Iran), i giacimenti della costa Bolivar in Venezuela, Cantarell in Messico , Huntington Beach, Long Beach e Wilmington in California, East Texas e Yates in Texas e Prudhoe Bay in Alaska. Tutti giganti in esaurimento. Diamine, non se ne salva neanche uno...

Fonte